#IoRestoaCasa e rapporto di lavoro


Da quando è sorta l’emergenza Covid-19 in Italia, sono stati emanati numerosi provvedimenti del Governo, e da ultimo il Decreto Legge n. 18/2020 (c.d. “Decreto Cura Italia”). Tutti gli interventi governativi (in linea con l’hashtag #IoRestoaCasa) sono volti principalmente a limitare, laddove possibile, la presenza dei dipendenti presso le sedi dei datori di lavoro ed i loro spostamenti; tale obiettivo è stato perseguito innanzitutto disponendo la chiusura di larga parte delle attività commerciali e, per le aziende escluse da tale provvedimento:

  • fornendo sia al datore che al singolo lavoratore meccanismi di sospensione temporanea del rapporto di lavoro;
  • favorendo ed incentivando, per le attività che proseguono, il ricorso allo smart working.

Per tutte quelle attività che devono continuare “in sede”, invece, gli interventi governativi – con il supporto delle parti sociali – hanno individuato una serie di misure a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori impiegati.

I provvedimenti adottati prevedono infine ulteriori misure relative alla gestione dei rapporti di lavoro, di cui la più significativa è certamente la sospensione della facoltà dei datori di lavoro di licenziare per giustificato motivo oggettivo.

SOSPENSIONE TEMPORANEA DEL RAPPORTO DI LAVORO

Come anticipato, i provvedimenti governativi prevedono diversi meccanismi di sospensione temporanea del rapporto di lavoro, e ciò sia su iniziativa del datore di lavoro (ammortizzatori sociali, ferie) che su iniziativa del singolo lavoratore (congedi parentali, permessi).

Ammortizzatori sociali

Le imprese hanno a disposizione una gamma di ammortizzatori sociali – sia ordinari che straordinari – per fare fronte alla riduzione dell’attività nel periodo dell’emergenza (artt. da 19 a 22 del Decreto Cura Italia):

  • Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO), disponibile per le imprese industriali e di settori affini con più di 15 dipendenti. Consente di sospendere dal lavoro o di ridurre l’orario del personale in forza al 23 febbraio 2020 (ed indipendentemente dalla loro anzianità di servizio) con causale “emergenza Covid-19” per una durata massima di 9 settimane. Non si applicano le procedure ordinarie ma è comunque necessario un processo di informazione, consultazione ed esame congiunto con i sindacati, anche in via telematica, ed una (semplice) domanda amministrativa. È possibile fruire di tale CIGO anche se si ha in corso una CIGS o un assegno di solidarietà (che vengono per tale periodo sospesi) ed in ogni caso i periodi di trattamento non sono conteggiati nelle soglie massime previste dalla legge;
  • Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS), anche con contratto di solidarietà, che resta fruibile secondo le regole ordinarie. È  applicabile alle imprese industriali ed affini con più di 15 dipendenti ed alle imprese del commercio e terziario con più di 50 dipendenti. Consente di sospendere dal lavoro o di ridurre l’orario del personale fino a 24/36 mesi. Richiede una consultazione sindacale ed una domanda amministrativa articolata, corredata da un piano di riorganizzazione o di gestione degli esuberi;
  • Cassa Integrazione Guadagni in deroga (CIGD), per tutte le imprese anche di piccole dimensioni. È una misura eccezionale introdotta per l’emergenza Covid-19 e per una durata massima di 9 settimane. Richiede un accordo sindacale anche in forma telematica e una domanda alla Regione in cui ha sede l’impresa o l’unità produttiva o I lavoratori sospesi. Ha una disponibilità di fondi limitata su base “first come first served”, e per diventare operativa richiede l’adozione di procedure a livello regionale. 

In tutti I casi, il lavoratore sospeso o con orario ridotto riceve un’indennità da parte dell’Inps pari all’80% della retribuzione persa (con il cap massimo di 1.129 Euro netti).

All’atto pratico, è ben ricordare che la fruizione di ammortizzatori sociali comporta il divieto di assunzione (e a nostro avviso anche rinnovo o proroga) di dipendenti con rapporto di lavoro a tempo determinato o in somministrazione per lo svolgimento delle mansioni oggetto di sospensione.

Ferie e permessi

Un interrogativo che è stato spesso posto in questi giorni riguardava la possibilità per il datore di lavoro di imporre ai dipendenti la fruizione di ferie e permessi e l’obbligo di procedere in tal senso prima di poter fruire degli ammortizzatori sociali.

In teoria, la normativa generale consentirebbe alle imprese di stabilire unilateralmente la collocazione delle ferie dei dipendenti, ma i principali contratti collettivi hanno introdotto regole meno favorevoli (es. richiesta del consenso dei lavoratori; consultazione sindacale). Gli interventi governativi adottati in relazione all’emergenza Covid-19 hanno “incentivato” la fruizione di tali congedi, senza tuttavia chiarire in modo univoco gli interrogativi sul punto.

Il Protocollo tra i sindacati e le associazioni datoriali del 14 marzo 2020, al proposito, prevede la fruizione delle ferie solo una volta utilizzati – o se non fossero utilizzabili – gli ammortizzatori sociali.

Pur a fronte di questa non perfetta chiarezza del contesto normativo, riteniamo possibile promuovere o anche imporre l’uso delle ferie, soprattutto in presenza di un numero considerevole di giorni di ferie arretrati. Questa è del resto la direzione in cui si è mossa la maggioranza delle imprese.

Quanto al rapporto fra ferie e ammortizzatori sociali, fermo quanto indicato nel protocollo fra le parti sociali precisiamo che nessuna norma generale impone formalmente di esaurire il monte ferie pregresso per poter accedere ai trattamenti di cassa integrazione, come anche riconosciuto dall’INPS (Mess. 18 ottobre 2019 n. 3777). Alcune Regioni hanno però posto tale condizione per la fruizione della cassa in deroga.

Congedi straordinari

Il Decreto Cura Italia (art. 23) ha introdotto diverse tipologie straordinarie di congedo per favorire la conciliazione vita – lavoro nel periodi dell’emergenza e di chiusura delle scuole:

  • i genitori di figli di età inferiore a 12 anni (ovvero disabili senza limiti di età) possono fruire di un congedo straordinario di 15 giorni complessivi che è retribuito con una indennità versata dall’Inps e pari al 50% della retribuzione; in alternativa a tale congedo, i genitori possono fruire di un voucher di 600 Euro per le spese di baby-sitting;
  • i genitori di figli da 12 a 16 anni possono fruire, per il periodo di chiusura delle scuole, di un congedo non retribuito.

Entrambi i congedi possono essere utilizzati da un genitore alla volta e a condizione che il coniuge non sia disoccupato ovvero sospeso con gli ammortizzatori sociali.

Trattandosi di una “specie” dei congedi parentali, il datore di lavoro non ha facoltà di rifiutarne la concessione, salvo a nostro avviso la possibilità di concordare un periodo di preavviso per motivi organizzativi. Inoltre, i dipendenti conservano il posto di lavoro sino al loro rientro.

Aumento dei “permessi 104”

Di norma, i dipendenti che accudiscono i congiunti in situazioni di handicap grave hanno diritto (art. 33, comma 3, l. n. 104/1992) a 3 giorni mensili di permessi retribuiti. Il Decreto Cura Italia (art. 24) incrementa il numero di tali permessi di ulteriori complessive 12 giornate per i mesi di marzo e aprile 2020.

Tali dipendenti avranno quindi diritto complessivamente a 18 giornate di permessi fra marzo e aprile 2020, che dovranno essere concessi secondo le regole ordinarie.

Equiparazione fra quarantena e malattia

Risolvendo un quesito sorto appena emersa l’emergenza Covid-19, il Decreto Cura Italia (art. 26) ha previsto che i periodi di assenza per isolamento domiciliare fiduciario o quarantena siano considerati periodi di malattia, e quindi indennizzati dall’Inps o dal datore di lavoro secondo le regole ordinarie. A tal fine il medico di base dovrà rilasciare apposita certificazione con gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena.

Questo periodo di malattia non è computabile ai fini del periodo di comporto: tale circostanza dovrà essere tenuta in attenta considerazione in futuro allorquando – magari fra qualche anno, tenuto conto delle diverse previsioni dei CCNL – si dovrà valutare l’eventuale superamento del periodo di comporto di un dipendente.

Gli oneri a carico dei datori di lavoro e degli istituti previdenziali che prestano le relative tutele sono posti a carico dello Stato nei limiti della dotazione finanziaria (attualmente 130 milioni di euro per l’anno 2020). Non è possibile quindi escludere il rischio che, al superamento di tale soglia, tutti gli oneri connessi alla malattia del dipendente gravino sui datori di lavoro.

Nel caso di infezione da Covid-19 contratta in occasione di lavoro, i periodi di quarantena e di permanenza domiciliare fiduciaria sono considerati infortunio e indennizzati dall’INAIL del successivo (art. 42).

SMART WORKING

Per le aziende che invece proseguono l’attività, i provvedimenti governativi intervenuti raccomandano innanzitutto di massimizzare l’utilizzo dello smart working in tutte le occasioni e per tutte le mansioni in cui ciò sia tecnicamente possibile.

A tal fine, benché di norma lo smart working sia lecito solo con il consenso del dipendente interessato, dall’insorgere dell’emergenza è possibile fare ricorso a tale diversa modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, su tutto il territorio nazionale, anche in assenza di accordi individuali. Ciò, allo stato, solo sino al 25 marzo 2020, come precisato anche dal Governo nelle proprie FAQ (http://www.governo.it/it/faq-iorestoacasa). Almeno sino a tale data, il datore di lavoro ha quindi la possibilità di imporre unilateralmente lo smart working¸ mentre il lavoratore non ha alcun diritto al riconoscimento di tale modalità, laddove l’azienda preferisca per motivi organizzativi il lavoro “in sede”.

Il Decreto Cura Italia ha tuttavia previsto (art. 39) che:

  • fino al 30 aprile 2020 i lavoratori disabili o che assistono un convivente disabile hanno diritto di svolgere la prestazione in smart workinga condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”: il datore può pertanto negare l’eventuale richiesta del dipendente, ma in tal caso dovrà giustificare (e nel caso provare) l’incompatibilità fra le mansioni svolte e lo smart working;
  • i lavoratori affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa hanno “priorità” nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in smart working: anche in questo caso la richiesta potrà essere negata ma in caso di successivo accoglimento di richieste di altri dipendenti (addetti alle medesime mansioni), il lavoratore cui lo smart working è stato negato potrebbe richiedere il risarcimento del danno. Testualmente tale previsione non è soggetta a un termine di efficacia e pertanto, a meno di successive modifiche, resterà in vigore anche una volta cessato il periodo di emergenza.

 In ogni caso, anche nell’ipotesi di assenza di accordo, riteniamo comunque consigliabile, appena possibile, una formalizzazione anche sintetica di tale modifica, al fine di disciplinare i numerosi aspetti specifici connessi all’attività svolta in smart working.

PROSECUZIONE DELL’ATTIVITÀ “IN SEDE”

Qualora l’attività prosegua “in sede”, poiché lo smart working non è praticabile, le aziende sono tenute a porre in essere alcuni interventi volti innanzitutto a tutelare la salute e sicurezza dei dipendenti.

Salute e sicurezza sul lavoro

La prosecuzione delle attività produttive “in sede” può avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione. Pertanto le attività di impresa devono seguire particolari cautele e limiti, derivanti dalle indicazioni fornite dai provvedimenti governativi nonché dal Protocollo sottoscritto dalle parti sociali il 14 marzo 2020.

Le imprese sono in particolare invitate ad adottare protocolli di sicurezza anti-contagio (o meglio di regolamentazione per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro) che prevedano tra le altre:

  • sospensione delle attività dei reparti non indispensabili alla produzione ed eventuale rimodulazione dei livelli produttivi;
  • riduzione al minimo degli spostamenti all’interno dei siti produttivi e contingentamento di accesso agli spazi comuni;
  • rimodulazione dei turni e orari di ingresso/uscita scaglionati;
  • possibilità di misurare la temperatura all’ingresso;
  • adeguata informazione ai dipendenti;
  • svolgimento dell’attività lavorativa rispettando la distanza di sicurezza interpersonale di un metro ovvero con l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale (mascherine);
  • incentivazione delle operazione di sanificazione dei luoghi di lavoro;
  • sospensione delle riunioni in presenza oltre che delle trasferte e dei viaggi non strettamente necessari.

In tale contesto, l’adozione del protocollo potrebbe costituire una misura alternativa o aggiuntiva rispetto ad una revisione del documento di valutazione dei rischi (“DVR”), tenuto conto del fatto che il Covid-19 rappresenta un rischio biologico “generico” e non direttamente connesso allo svolgimento dell’attività lavorativa. Inoltre, qualora vengano introdotte misure che prevedano un trattamento dei dati (misurazione della temperatura, questionari su provenienza dei fornitori) sarà necessario valutarne la conformità alla normativa privacy e predisporre le relative informative.

Maggiorazione retributiva

Il Decreto Cura Italia (art. 63) ha anche previsto una maggiorazione retributiva non soggetta a tassazione e contribuzione di 100 Euro una tantum per il solo mese di marzo 2020 per chi deve prestare la sua attività nelle sedi aziendali e non da remoto (ed a condizione che abbia un reddito annuale complessivo non superiore a 40.000 Euro). Tale somma dovrà essere anticipata dai datori di lavoro e sarà poi compensata nell’ambito delle ordinarie procedure.

Limitazioni alla mobilità

Come noto, le disposizioni governative dispongono attualmente di evitare ogni spostamento all’interno del territorio nazionale “salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute”. Al fine di agevolare i dipendenti che devono recarsi in azienda, il datore di lavoro potrebbe valutare l’opportunità di consegnare loro una dichiarazione attestante l’esistenza delle “comprovate esigenze lavorative”.

DIVIETO DI LICENZIAMENTO E ALTRE MISURE

Divieto di licenziamento

L’art. 46 del Decreto Cura Italia (erroneamente denominato “sospensione delle procedure di impugnazione dei licenziamenti”) stabilisce che a decorrere dal 17 marzo 2020 e per 60 giorni (quindi sino a sabato 16 maggio):

  • è vietato iniziare procedure di licenziamento collettivo;
  • sono sospese le procedure iniziate dopo il 23 febbraio 2020, con la conseguenza che quelle iniziate prima di tale data potranno essere portate a termine ed i relativi licenziamenti intimati secondo le regole ordinarie;
  • è vietato recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivoai sensi dell’art. 3 L. 604/1966”.

Il riferimento alla L. 604/1966 sembrerebbe escludere che il divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo valga per i dirigenti (i quali invece, in modo contraddittorio, non possono essere licenziati nell’ambito delle procedure di licenziamento collettivo).

Si tratta di una misura molto drastica, che riduce la flessibilità delle imprese in modo significativo, anche tenuto conto che a nostro avviso la violazione del divieto comporterebbe inevitabilmente la reintegrazione in servizio del lavoratore licenziato.

I licenziamenti individuali per giusta causa o giustificato motivo soggettivo non sono oggetto di alcun provvedimento specifico e possono quindi essere irrogati regolarmente, in presenza dei relativi presupposti.

In ogni caso l’art. 47 del Decreto Cura Italia prevede che fino al 30 aprile 2020 l’assenza dal posto di lavoro da parte di uno dei genitori conviventi di una persona di con disabilità non può costituire giusta causa di licenziamento, a condizione che sia stata preventivamente comunicata e motivata l’impossibilità di accudire la persona con disabilità a seguito della sospensione delle attività dei Centri semiresidenziali di assistenza prevista dallo stesso art. 47.

Sospensione degli obblighi in materia di avviamento dei disabili

L’art. 40 del Decreto Cura Italia prevede una sospensione di 2 mesi degli “obblighi di cui all’art. 7 della L. 68/1999”, articolo che disciplina sia la richiesta nominativa di avviamento dei lavoratori disabili da parte dei datori di lavoro, sia l’avviamento di tali lavoratori che gli uffici competenti sono tenuti a disporre in carenza di detta richiesta.

Si ricorda che di norma il datore di lavoro è tenuto a presentare la richiesta di assunzione entro 60 giorni dal momento in cui è sorto il relativo obbligo.

Dimissioni del genitore in gravidanza sino a 3 anni di vita del bambino

Tenuto conto della situazione emergenziale, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha comunicato in data 12 marzo 2020 che anche le dimissioni e/o risoluzioni consensuali del genitore in gravidanza e sino ai 3 anni di vita del bambino devono essere convalidate mediante procedura online (che prevede la compilazione di un modulo appositamente predisposto), in deroga quindi alla norma ordinaria che richiede un incontro presso la sede dell’ispettorato.

Sospensione udienze e termini processuali

Dal 9 marzo 2020 e sino al 15 aprile 2020 sono sospese tutte le udienze relative ai procedimenti civili così come i termini per lo svolgimento di qualunque attività anche non processuale.

Tali disposizioni si applicano anche a tutti i giudizi del lavoro, salvo alcune eccezioni quali i cautelari o, secondo una interpretazione prudenziale adottata da alcuni tribunali, i c.d. riti Fornero.


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