#Decreto Rilancio e rapporto di lavoro


Con ormai molti giorni di ritardo rispetto alle attese, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed è in vigore a partire dal 19 maggio 2020 il D.L. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio, già noto come Decreto Aprile).

Tale decreto:

  • regola alcuni aspetti relativi specificamente alla cessazione e gestione del rapporto di lavoro, in particolare in materia di licenziamenti per motivi oggettivi e contratti a tempo determinato, mantenendo un forte incentivo all’utilizzo dello smart working laddove possibile;
  • prevede una serie di incentivi in favore delle aziende per preservare i livelli occupazionali ed evitare i licenziamenti;
  • conferma larga parte delle misure già adottate (ammortizzatori sociali, congedi, etc.) per la sospensione del rapporto e la conciliazione vita-lavoro.

GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO

Divieto di licenziamento

Il Decreto Rilancio (art. 80) estende di altri 90 giorni il divieto di licenziamento già stabilito del Decreto Cura Italia: conseguentemente per 5 mesi, dal 17 marzo 2020 e sino al 17 agosto 2020:

  • è vietato iniziare procedure di licenziamento collettivo (salvo in caso di immediata riassunzione per cambio appalto);
  • è vietato recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivoai sensi dell’art. 3 L. 604/1966”.

Si tratta di una misura molto drastica, che riduce la flessibilità in uscita in modo significativo, anche tenuto conto che la violazione del divieto comporterebbe la reintegrazione in servizio del lavoratore licenziato.

Sempre per favorire il mantenimento in essere del rapporto, il Decreto Rilancio ha previsto che l’azienda può revocare – senza sanzioni e oneri – eventuali licenziamenti già intimati per giustificato motivo oggettivo dal 23 febbraio al 17 marzo 2020, a condizione che il lavoratore “reintegrato” venga contestualmente posto in cassa integrazione (o altro ammortizzatore sociale) dalla data in cui ha avuto efficacia il licenziamento.

Ciò pare confermare – come già ipotizzato inizialmente sulla base del riferimento alla L. 604/1966 – che il divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo NON riguardi i dirigenti (che non rientrano nell’ambito di applicazione degli ammortizzatori sociali).

Rapporti a tempo determinato e somministrazione

L’art. 93 del Decreto Rilancio ha previsto che, per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all’emergenza epidemiologica, è possibile rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere alla data del 23 febbraio anche in assenza delle causali previste dal c.d. Decreto Dignità, e senza che sia necessario rispettare per i rinnovi il periodo di c.d. stop and go.

La deroga si applica solo ai contratti “in essere alla data del 23 febbraio” e perciò deve ritenersi esclusa la possibilità di rinnovare/prorogare senza causale rapporti cessati prima (o instaurati successivamente) a tale data.

Nonostante una formulazione legislativa non felice, si tratta di una (eventuale) causalità temporanea del rapporto che si applica anche ai rinnovi e proroghe dei contratti di somministrazione a tempo determinato già in essere: tale norma consente infatti alle agenzie di somministrazione di rinnovare/prorogare i rapporti con i propri dipendenti in assenza di causali e, dunque, tale deroga si dovrebbe “riflettere” sul rapporto di somministrazione a tempo determinato. Ciò sempre ricordando che, nell’ipotesi in cui il lavoratore somministrato sia assunto a tempo indeterminato dall’agenzia, le causali non andrebbero comunque indicate.

Smart working

Il Decreto Rilancio conferma la possibilità (almeno sino al 31 dicembre 2020) di fare ricorso al lavoro agile su tutto il territorio nazionale, anche in assenza di accordi individuali.

Il datore di lavoro ha quindi la possibilità di imporre unilateralmente lo smart working¸ mentre in linea di massima il lavoratore non ha alcun diritto al riconoscimento di tale modalità.

Ciò fatte salve le eccezioni espressamente previste dalla normativa emergenziale. Oltre a quelle già introdotte, il Decreto Rilancio (art. 90) ha previsto che sino alla fine dell’emergenza sanitaria i dipendenti con figli di età inferiore a 14 anni (salvo che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito o che vi sia genitore non lavoratore) hanno il diritto di svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza di accordo con il datore, “a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”: non si tratta quindi di un diritto assoluto del dipendente, ma occorrerà un equo contemperamento secondo buona fede fra le esigenze delle parti. Il datore potrà pertanto non accogliere l’eventuale richiesta del dipendente, ma in tal caso dovrà giustificare l’incompatibilità fra le mansioni svolte e lo smart working: giustificazione più difficile da fornire se il lavoratore ha svolto la prestazione in modalità “agile” nella prima fase dell’emergenza.

Prosecuzione dell’attività “in sede” – sorveglianza sanitaria

In caso di prosecuzione dell’attività “in sede”, fermo restando l’obbligo di rispettare i “protocolli condivisi” in materia di salute e sicurezza, il Decreto Rilancio ha previsto che fino alla data di cessazione dello stato di emergenza i datori di lavoro sono tenuti assicurare la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio (per età, immunodepressione, altre patologie); l’eventuale inidoneità alla mansione accertata nell’ambito di queste verifiche non può però in ogni caso giustificare il recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro (art. 83 Decreto Rilancio).

Sospensione degli obblighi in materia di avviamento dei disabili

La sospensione degli obblighi in materia di avviamento dei disabili – già disposta per due mesi dall’art. 40 del Decreto Cura Italia – è stata prorogata per ulteriori due mesi (complessivi 4 mesi). Si ricorda che di norma il datore di lavoro è tenuto a presentare la richiesta di assunzione entro 60 giorni dal momento in cui è sorto il relativo obbligo (art. 76 Decreto Rilancio).

INCENTIVI ALLE AZIENDE

Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e per la prosecuzione dell’attività di impresa

L’art. 43 del Decreto Rilancio ha istituito un fondo, con dotazione di 100 milioni per il 2020, finalizzato al salvataggio e alla ristrutturazione, fra le altre, delle aziende (società di capitali) con almeno 250 dipendenti che si trovino in uno stato di difficoltà economico-finanziaria.

Il Fondo opererà attraverso interventi nel capitale di rischio a condizioni di mercato, nel rispetto della normativa comunitaria sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio nonché attraverso misure di sostegno al mantenimento dei livelli occupazionali.

Per fruire del Fondo, le aziende dovranno notificare al MISE le informazioni relative a:

a) le azioni che intendono porre in essere per ridurre gli impatti occupazionali, ad esempio attraverso incentivi all’uscita, prepensionamenti, riallocazione di addetti all’interno dell’impresa o del gruppo di appartenenza dell’impresa;

b) le imprese che abbiano già manifestato interesse all’acquisizione della società o alla prosecuzione dell’attività d’impresa ovvero le azioni che intendono porre in essere per trovare un possibile acquirente, anche mediante attrazione di investitori stranieri;

c) le opportunità per i dipendenti di presentare una proposta di acquisto ed ogni altra possibilità di recupero degli asset da parte degli stessi.

I criteri e le procedure per accedere al Fondo saranno individuate da apposito decreto ministeriale.

Aiuti per il pagamento dei salari dei dipendenti per evitare i licenziamenti

In aggiunta, l’art. 60 del Decreto Rilancio prevede che le Regioni, gli altri enti territoriali e le Camere di Commercio possono adottare misure di aiuto, a valere sulle proprie risorse, al fine di contribuire ai costi salariali, ivi comprese le quote contributive e assistenziali, delle imprese, ed evitare i licenziamenti durante la pandemia di COVID‐19.

Tale “sovvenzione per il pagamento dei salari” può essere concessa per massimo 12 mesi e sino all’80% delle retribuzione mensile lorda (compresi contributi a carico datore)“per i dipendenti che altrimenti sarebbero stati licenziati a seguito della sospensione o della riduzione delle attività aziendali dovuta alla pandemia di COVID-19 e a condizione che il personale che ne beneficia continui a svolgere in modo continuativo l’attività lavorativa durante tutto il periodo per il quale è concesso l’aiuto”.

Resta da vedere se le Regioni e gli altri enti offriranno effettivamente tali misure, tenuto conto della probabile indisponibilità di risorse.

Riduzione di orario

Al fine di consentire la graduale ripresa dell’attività dopo l’emergenza epidemiologica, per l’anno 2020 i contratti collettivi aziendali o territoriali possono realizzare specifiche intese di rimodulazione dell’orario di lavoro con le quali parte dell’orario di lavoro viene finalizzato a percorsi formativi. Gli oneri relativi alle ore di formazione, comprensivi dei relativi contributi previdenziali e assistenziali, sono a carico di un apposito Fondo denominato Fondo Nuove Competenze, costituito con una dotazione iniziale di 230 milioni di euro. I criteri e le modalità di applicazione della misura e delle relative risorse saranno individuate da apposito decreto ministeriale (art. 88 Decreto Rilancio).

Misure di sostegno per la riduzione del rischio da contagio nei luoghi di lavoro

L’art. 95 del Decreto Rilancio prevede che, al fine di favorire l’attuazione dei protocolli anti-contagio, l’INAIL possa promuovere interventi straordinari destinati alle imprese ad esempio per l’acquisto di apparecchiature per l’isolamento o il distanziamento dei lavoratori o per la sanificazione dei luoghi.

Sono inoltre previsti in favore delle aziende crediti di imposta in relazione agli interventi necessari per far rispettare le prescrizioni sanitarie e le misure di contenimento contro la diffusione del virus all’interno degli ambienti di lavoro, per la sanificazione, per l’acquisto di dispositivi di protezione, etc. (es. art. 120).

SOSPENSIONE TEMPORANEA DEL RAPPORTO DI LAVORO

Ammortizzatori sociali

Il Decreto Rilancio (artt. 68 e ss) ha disposto il prolungamento (e dunque il rifinanziamento) dei trattamenti di integrazione salariale per ulteriori 9 settimane complessive, ed in particolare:

  • 9 settimane per periodi dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, incrementate di ulteriori 5 settimane nel medesimo periodo per i soli datori di lavoro che abbiamo interamente fruito il periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di 9 settimane;
  • 4 settimane fruibili per i periodi decorrenti dal 1 settembre 2020 al 31 ottobre 2020.

Il Decreto Rilancio ha anche introdotto meccanismi di semplificazione per agevolare i pagamenti dei trattamenti approvati da parte dell’Inps, tenuto conto dei ritardi e delle difficoltà emerse nelle scorse settimane.

La durata complessiva delle integrazioni salariali (9 + 5 settimane dal 23 febbraio 2020) non copre tutto il periodo in cui vige il divieto di licenziamento (sino al 17 agosto 2020). Quelle aziende che non posso riprendere le attività a ritmo ordinario, pertanto, una volta terminati gli ammortizzatori sociali COVID non potranno procedere a licenziamenti collettivi e dovranno pensare a misure alternative per le settimane “scoperte”, ad esempio facendo ricorso alla CIG per causali “non-Covid” o utilizzando le ferie già maturate, se non già fruite dai dipendenti. In caso contrario, il datore potrebbe vedersi costretto a riconoscere comunque la retribuzione, salve le ipotesi di perdurante sospensione dell’attività aziendale per provvedimento delle autorità (caso in cui, data l’impossibilità della prestazione non imputabile al datore di lavoro, una possibile sospensione del rapporto di lavoro senza riconoscimento della retribuzione potrebbe essere tecnicamente possibile).

Il Decreto Rilancio ha infine reintrodotto la necessità di accordo sindacale per fruire della CIGD anche per le aziende che hanno chiuso l’attività per provvedimento delle autorità competenti, così eliminando la deroga specifica prevista dalla legge di conversione del Decreto Cura Italia.

Congedi straordinari

Il Decreto Rilancio (artt. 72) ha confermato e rinnovato le diverse tipologie straordinarie di congedo già introdotte dal Decreto Cura Italia, e quindi:

  • i genitori di figli di età inferiore a 12 anni (ovvero disabili senza limiti di età) possono fruire dal 5 marzo e sino al 31 luglio 2020 di un congedo straordinario di 30 giorni complessivi che è retribuito con una indennità versata dall’Inps e pari al 50% della retribuzione; in alternativa a tale congedo, i genitori possono fruire di un voucher di 1200 Euro per le spese di baby-sitting/centri estivi/centri per l’infanzia;
  • i genitori di figli da 12 a 16 anni possono fruire, per il periodo di chiusura delle scuole, di un congedo non retribuito.

Aumento dei “permessi 104”

Allo stesso modo (art. 73), è stato anche confermato l’aumento temporaneo – per ulteriori complessive dodici giornate usufruibili nei mesi di maggio e giugno 2020 – dei giorni mensili di permesso retribuito per i dipendenti affetti da handicap grave o che assistono i congiunti affetti da tale handicap (art. 33, comma 3, l. n. 104/1992).

Tali dipendenti avranno quindi diritto complessivamente a 18 giornate di permessi fra maggio e giugno, che dovranno essere concessi secondo le regole ordinarie.


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