L’estate calda del diritto del lavoro: il “Decreto Agosto” e le altre novità


Verrà a breve pubblicato in Gazzetta Ufficiale il c.d. Decreto Agosto che – insieme agli altri provvedimenti adottati nelle ultime settimane (su tutti la Legge n. 77/2020 di conversione del Decreto c.d. “Rilancio” nonché la Delibera del Consiglio Dei Ministri del 29 luglio 2020 e il Decreto Legge n. 83/2020 di proroga dello stato di emergenza sino al 15 ottobre 2020) – detta ulteriori regole per la gestione dei rapporti di lavoro, con cui le aziende dovranno confrontarsi subito dopo la pausa estiva.

Sospensione temporanea del rapporto di lavoro

Ammortizzatori sociali ed esonero contributivo

I nuovi provvedimenti hanno disposto il prolungamento (e dunque il rifinanziamento) dei trattamenti di integrazione salariale. In particolare:

  • la Legge n. 77/2020 di Conversione del Decreto Rilancio aveva già consentito di usufruire di ulteriori 4 settimane di integrazione salariale per periodi antecedenti al 1° settembre 2020, a condizione che (i) i datori di lavoro richiedenti abbiano già interamente fruito del periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di 14 settimane; (ii) in ogni caso la durata massima del trattamento di integrazione salariale, da computare considerando cumulativamente i trattamenti riconosciuti ai sensi del Decreto Cura Italia e ai sensi del Decreto Rilancio, non ecceda le 18 settimane;
  • il Decreto Agosto introduce altre 18 settimane di integrazione salariale (da aggiungere quindi alle 18 settimane già previste dal Decreto Cura Italia e dal Decreto Rilancio) da collocare nel periodo dal 13 luglio al 31 dicembre 2020. Le predette 18 settimane possono essere fruite in due “tranche” di 9 settimane ciascuna, con la precisazione che:
  1. le prime 9 settimane sono gratuite ma assorbono i trattamenti di integrazione salariale già richiesti e autorizzati per i periodi successivi al 12 luglio 2020. Ne discende che questa prima “tranche” potrebbe essere di fatto esaurita dai periodi di cassa integrazione già richiesti e autorizzati in base al Decreto Rilancio e al Decreto Cura Italia;
  2. le 9 settimane ulteriori (i) possono essere riconosciute esclusivamente ai datori di lavoro ai quali sia stata già interamente autorizzata la prima “tranche” di 9 settimane; (ii) sono gratuite solamente per i datori di lavoro che hanno avviato l’attività di impresa successivamente al 1° gennaio 2019 e per quelli che hanno subito una riduzione del fatturato (da autocertificare in sede di domanda) nel primo semestre 2020 pari o superiore al 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (diversamente, il datore di lavoro è tenuto al pagamento di un contributo addizionale – da calcolare sulla retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per le ore non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa – pari al 9% se la predetta riduzione di fatturato è inferiore al 20% ovvero al 18% in assenza di qualsivoglia riduzione di fatturato).

Con la circolare n. 84 del 10 luglio 2020 l’INPS ha chiarito che il numero di settimane di CIGO con causale Covid-19 ancora residue va calcolato in base al numero dei giorni effettivamente fruiti.

In favore dei datori di lavoro che abbiano già fruito dei trattamenti di integrazione salariale nei mesi di maggio e giugno 2020 ma non richiedono le ulteriori settimane previste dal Decreto Agosto, è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali (con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL), fruibile entro il 31 dicembre 2020 e nel limite del doppio delle ore di integrazione salariale già utilizzate in tale periodo. Tale esonero contributivo è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente ed è subordinato all’autorizzazione della Commissione Europea.

Nel caso in cui i predetti datori di lavoro violino il divieto di licenziamento attualmente in vigore è prevista la revoca dall’esonero contributivo con efficacia retroattiva nonché l’impossibilità di presentare domanda di integrazione salariale per le ulteriori settimane di cassa integrazione previste dal Decreto Agosto.

Congedi straordinari

La possibilità di fruire del congedo parentale speciale già previsto dal Decreto Cura Italia in favore di ciascun genitore di figli di età inferiore a 12 anni (ovvero disabili senza limiti di età) è stata prorogata sino al 31 agosto 2020.

I congedi devono essere fruiti in materia alternata da entrambi i genitori conviventi sia in forma giornaliera che oraria.

Gestione del rapporto di lavoro

Gli ultimi interventi normativi confermano una limitazione, seppur a durata variabile a seconda della fruizione degli aiuti pubblici, nella flessibilità in uscita dal mercato del lavoro, pur persistendo nel tentativo di incentivare le aziende ad una maggiore flessibilità in entrata, con esoneri contributivi per le nuove assunzioni e con nuovi interventi sulla disciplina del contratto a termine (anche in somministrazione).

Divieto di licenziamento

Il divieto di licenziamento, introdotto dapprima dal Decreto Cura Italia e poi prorogato dal Decreto Rilancio fino al 17 agosto 2020, diventa mobile e legato alla disponibilità della cassa integrazione e degli sgravi contributivi.

In base alla nuova disposizione, infatti, fino a quando i datori di lavoro potranno fruire delle 18 settimane ulteriori di integrazione salariale e dei 4 mesi di sgravi contributivi concessi per il “rientro” in azienda dei lavoratori precedentemente in cassa integrazione, ossia almeno fino al 15 novembre 2020, continuerà ad essere vietato:

  • iniziare procedure di licenziamento collettivo (salvo in caso di immediata riassunzione per cambio appalto);
  • recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivoai sensi dell’art. 3 L. 604/1966” (sono altresì sospese le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso ex art. 7 della medesima Legge).

Il divieto di licenziamento è derogabile soltanto in alcuni casi:

  • i licenziamenti collettivi e/o individuali per giustificato motivo oggettivo, nei soli casi in cui (i) il licenziamento sia motivato dalla cessazione definitiva dell’attività d’impresa (in assenza di cessione di un complesso di beni o attività che possa essere qualificato come trasferimento d’azienda o ramo di essa); (ii) il licenziamento sia intimato in caso di fallimento, senza che sia disposto o sia cessato l’esercizio provvisorio dell’impresa; (iii) il licenziamento sia intimato nei confronti di lavoratori che abbiano aderito ad accordi collettivi aziendali di incentivazione alla risoluzione dei rapporti di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. È previsto l’accesso alla NASPI anche qualora tali accordi prevedano la risoluzione consensuale del rapporto.

L’annunciato compromesso politico tra la messa a disposizione degli ammortizzatori sociali e il divieto di licenziamento si è quindi tradotto in una norma che può risultare fortemente limitatrice delle prerogative datoriali. Se per gli esoneri contributivi il divieto opera infatti in caso di effettiva fruizione, per gli ammortizzatori sociali la formulazione della norma e la posizione del Governo sembrano voler correlare il divieto alla sola potenziale “copertura” dell’ammortizzatore. Questa stretta correlazione tra gli ammortizzatori sociali e il divieto di licenziamento sembra confermare l’inapplicabilità del divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo ai dirigenti.

Anche il catalogo delle eccezioni al divieto non solo sconta una certa approssimazione nel dettato normativo, ma soprattutto impone misure definitive (la liquidazione), non sempre agevoli da attuare quando fanno capo alla stessa società attività distinte e con sorti diverse. Per la liquidazione manca infatti la previsione della facoltà di separare, ai fini della operatività del divieto, le attività da cessare dalle altre.

I licenziamenti individuali per giusta causa o giustificato motivo soggettivo restano ovviamente estranei all’ambito di applicazione del divieto. E’ anche importante ricordare che qualora il licenziamento sia intimato in violazione del divieto, il lavoratore potrà comunque accedere alla NASPI, come chiarito dall’INPS con messaggio n. 2261 del 1° giugno 2020: conferma che apre la via alla sottoscrizione di accordi individuali in sede “protetta”.

Esonero contributivo per le nuove assunzioni e per il sud Italia

In favore dei datori che assumono lavoratori subordinati a tempo indeterminato (con esclusione dei contratti di apprendistato), fino al 31 dicembre 2020 è previsto un esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali (con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL)per un periodo massimo di 6 mesi decorrenti dall’assunzione e nel limite massimo di € 8.060,00 su base annua, a condizione che l’assunzione non riguardi un lavoratore che abbia avuto un contratto a tempo indeterminato nei 6 mesi precedenti all’assunzione presso la medesima impresa.

Il suddetto esonero è riconosciuto anche nei casi di trasformazione di contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato ed è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente.

E’ altresì introdotto uno sgravio contributivo del 30% (con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL) per tutti i lavoratori – sia quelli già assunti che di nuova assunzione – impiegati in imprese che operano nel Mezzogiorno per il periodo dal 1° ottobre al 31 dicembre 2020. L’agevolazione contributiva sarà concessa previa autorizzazione della Commissione Europea.

Rapporti a tempo determinato e somministrazione

Le nuovi disposizioni introducono importanti novità in materia di contratti a termine (anche in regime di somministrazione):

  • la possibilità introdotta dal Decreto Rilancio di rinnovare o prorogare i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere (anche in regime di somministrazione) pur in assenza delle causali previste dal Decreto Dignità è stata prorogata sino al 31 dicembre 2020, con l’importante precisazione che i datori di lavoro potranno ricorrere al rinnovo o alla proroga a-causale per una sola volta e per un periodo massimo di 12 mesi, fermo restando la durata massima complessiva di 24 mesi. L’introduzione di questi limiti pone dei problemi di coordinamento con eventuali rinnovi o proroghe a-causali già effettuati in base al Decreto Rilancio: occorrerà pertanto effettuare una valutazione caso per caso laddove si intenda ricorrere alla disciplina “speciale” per contratti che hanno già beneficiato di questo regime di favore;
  • è stata abrogata la tanto discussa proroga automatica dei contratti a tempo determinato (anche in regime di somministrazione) e dei contratti di apprendistato per una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa. La proroga automatica era stata introdotta dalla Legge n. 77/2020 di Conversione del Decreto Rilancio ed è quindi rimasta in vigore per poche settimane, durante le quali quali aveva comunque creato dubbi interpretativi e costretto molte aziende ad adeguarvisi.

Obblighi di consultazione sindacale in caso di trasferimento di azienda

Fino al 17 agosto 2020, la procedura di consultazione sindacale ed esame congiunto di cui all’art. 47, comma 2, della Legge n. 428/90, nell’ipotesi in cui non sia raggiunto un accordo sindacale, deve avere una durata minima di 45 giorni.

L’infelice formulazione legislativa pone dubbi in merito alla portata applicativa della norma, per cui sarà necessario gestire con attenzione le procedure di consultazione già avviate prima del 17 agosto 2020 ma ancora pendenti a tale data.

Ampliamento delle “categorie protette” ai sensi dell’art. 18, comma 2, legge n. 68/1999

Gli obblighi in materia di avviamento al lavoro delle “categorie protette” si applicano anche in favore di coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori della famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell’autorità giudiziaria (c.d. “care leavers”).

Smart working

Conseguentemente alla proroga dello stato di emergenza, la possibilità di fare ricorso allo smart working anche in assenza di accordi individuali è stata confermata sino al 15 ottobre 2020. A partire dal 1° agosto 2020 le comunicazioni di smart working possono essere effettuate utilizzando i modelli semplificati già in uso e resi disponibili dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. 

Inoltre, il diritto a svolgere la prestazione lavorativa in smart working – fino ad ora riservato esclusivamente ai dipendenti con figli di età inferiore a 14 anni, ai lavoratori disabili o che assistono un convivente disabile nonché ai lavoratori immunodepressi e ai familiari conviventi di persone immunodepresse – è stato esteso ai lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o da co-morbilità, a condizione che:

  • la situazione di maggiore rischiosità sia accertata dal medico competente nell’ambito della sorveglianza sanitaria;
  • tale modalità risulti compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa.

Al di fuori di tali casi la scelta sull’utilizzo o meno dello smart working resta quindi una prerogativa datoriale e il lavoratore non può vantare un diritto al riconoscimento di tale modalità lavorativa.


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