Reati tributari e Decreto 231: ancora estensioni. La dichiarazione fraudolenta fondata su operazioni inesistenti entra nella lista dei reati 231 e la frode Iva si appresta a entrarvi a sua volta.


1. La dichiarazione fraudolenta tra i reati previsti dal Decreto Legislativo 231/2001

Nella Gazzetta Ufficiale n. 252 del 26 ottobre 2019 è stato pubblicato il Decreto Legge 26 ottobre 2019, n. 124, recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili” (il “Decreto Fiscale”), che introduce il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti nel catalogo dei reati presupposto rilevante al fine di configurare la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001 (il “Decreto 231”).

L’art. 39, comma 2, del Decreto Fiscale introduce infatti nel Decreto 231 il nuovo articolo 25-quinquiesdecies, rubricato “Reati tributari”, che dispone quanto segue: “In relazione alla commissione del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si applica all’ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote[1].

La nuova previsione normativa entrerà in vigore dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del Decreto Fiscale.

Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è previsto dall’art. 2 del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, a norma del quale “E’ punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria”. All’evidenza, si tratta di un reato di mera condotta, a consumazione istantanea, che si realizza nel momento in cui viene presentata la dichiarazione fiscale. La predisposizione[2] e la registrazione dei documenti attestanti le operazioni inesistenti sono condotte meramente preparatorie e non sono punibili, nemmeno a titolo di tentativo. Il reato è punito a titolo di dolo specifico, poiché è caratterizzato dalla finalità di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto (compresi il fine di conseguire un indebito rimborso o il riconoscimento di un inesistente credito d’imposta, per sé o per altri).

Si evidenzia che, secondo la definizione prevista dall’art. 1 D. Lgs. n. 74/2000, “per <fatture per operazioni inesistenti> si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”.

2. Anche le frodi in materia di Iva tra i reati previsti dal Decreto Legislativo 231/2001 2

Nella Gazzetta Ufficiale n. 245 del 18 ottobre 2019 è stata pubblicata la Legge 4 ottobre 2019 n. 117, in vigore dal 2 novembre, con la delega al Governo per recepire la Direttiva (UE) 2017/1371 “relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale” (“Direttiva PIF”) (“Legge di delegazione europea 2018”).

Il tema è già trattato nella nostra precedente Newsletter del dicembre 2018.

Ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e), della Legge di delegazione europea 2018, nell’esercizio della delega per l’attuazione della Direttiva PIF, il Governo dovrà integrare le disposizioni del Decreto 231 prevedendo espressamente la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche anche per le “gravi” frodi in materia IVA, laddove il concetto di gravità è definito dalla Direttiva PIF avendo riguardo al carattere transfrontaliero delle condotte illecite (“connessa a due o più Stati membri”) e all’elevato ammontare del danno complessivo (“almeno pari a dieci milioni di euro”).

Oltre alle sanzioni amministrative, il Governo dovrà introdurre nel Decreto 231 anche le sanzioni previste dall’articolo 9 della Direttiva PIF, che comprendono l’esclusione dal godimento di un beneficio o di un aiuto pubblico, l’esclusione temporanea o permanente dalle procedure di gara pubblica, l’interdizione temporanea o permanente di esercitare un’attività commerciale, l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria, l’applicazione di provvedimenti giudiziari di scioglimento e la chiusura temporanea o permanente degli stabilimenti che sono stati usati per commettere il reato, con la precisazione che tutte le sanzioni dovranno essere “effettive, proporzionate e dissuasive”.

3. Qualche considerazione generale

Appare chiaro che, un pezzo per volta, la formula della “responsabilità 231 delle persone giuridiche” si stia allargando a coprire i reati tributari commessi nell’interesse o a vantaggio della persona giuridica. Da tempo la responsabilità ai sensi del Decreto 231 è stata estesa all’ambito dei reati associativi (compresa, potenzialmente, l’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti tributari). Qualche anno fa, l’autoriciclaggio è divenuto un reato presupposto della responsabilità prevista dal Decreto 231 (incluso l’autoriciclaggio dei profitti o del risparmio di imposta generati da un reato fiscale). Da qualche mese la Direttiva PIF si è rivolta in maniera diretta alla sanzionabilità delle persone giuridiche per gravi frodi IVA. Adesso anche le dichiarazioni fraudolente con utilizzo di documentazione falsa entrano nel novero dei reati 231.

Questa evoluzione sembra foriera di nuove estensioni della responsabilità 231 a ulteriori reati fiscali nel prossimo futuro, sì che appare opportuno che le imprese inizino decisamente a dotarsi di Modelli di Organizzazione e Gestione orientati alla prevenzione tout court dei reati fiscali.

Del resto, l’ordinata gestione della fiscalità d’impresa così come di tutti i movimenti finanziari e di tesoreria (e della relativa documentazione) appaiono come i fondamentali pivot dai quali non solo passa la prevenzione di buona parte dei c.d. “reati 231” (corruzione, pubblica e privata; riciclaggio e ricettazione; reati societari; etc.), ma anche la necessità di ogni società di capitali di prevedere e assorbire situazioni di crisi e discontinuità aziendale (art. 2086 cod. civ.).

In termini pratici, le imprese dovranno dunque documentare regole e procedure per la gestione delle dichiarazioni e dei pagamenti fiscali (definizione di ruoli, passaggi, deleghe), prevedere modalità per la redazione e revisione costante dei budget, modalità di reporting (ivi incluse le relazioni che l’amministratore delegato deve fornire al consiglio di amministrazione ex art. 2381 cod. civ., ora applicabile anche alle S.r.l.), controllo di indici sintomatici d’irregolarità (riconciliazione delle fatture ricevute con gli ordini d’acquisto, uso limitato del contante, verifica della registrazione dei fornitori presso le camere di commercio, controllo sulla residenza dei fornitori in paradisi fiscali, archiviazione della documentazione contrattuale, etc.)

Controlli e procedure già esistenti in materia di bilancio, di tesoreria e di gestione delle spese (molto spesso contemplati nei Modelli 231 in funzione della prevenzione dei reati societari, ad es. il cd. falso in bilancio) potranno essere utilizzati anche per prevenire la violazione di reati in materia di imposte.

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Rilevante è dunque l’impatto che tali novità normative avranno sui modelli organizzativi 231. Le società saranno chiamate ad aggiornare il proprio assetto organizzativo identificando e analizzando tutti i rischi fiscali connessi alla propria attività al fine di predisporre adeguati sistemi di gestione.

I Dipartimenti di Compliance, Diritto Tributario e Contenzioso, Arbitrati e ADR di Legance sono a disposizione per qualsiasi chiarimento ed approfondimento, anche in relazione a fattispecie specifiche.


[1] L’importo di una quota  tra un valore minimo di 258 euro e un massimo di 1.549 euro, che viene stabilito, tra l’altro, in base alle condizioni economiche e patrimoniali dell’impresa, per assicurare l’efficacia della sanzione.

[2] L’art. 8 D. Lgs. n. 74/2000 incrimina chi “al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”. Tale fattispecie di reato non è stata inclusa dal Decreto fiscale nell’ambito dei reati presupposto della responsabilità ai sensi del Decreto 231.



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