Newsletter Antitrust – Novità nel settore bancario


Operazioni di concentrazione: Acquisto di crediti

Da un punto di vista antitrust, le operazioni di acquisizione che coinvolgono portafogli di crediti possono assumere una rilevanza profondamente diversa a seconda delle modalità con cui vengono strutturate. In considerazione della tipologia di crediti oggetto di cessione, ovvero della cessione di assets ulteriori rispetto ai crediti, l’operazione può – o può non – qualificarsi infatti come concentrazione e, pertanto, essere – o non essere – potenzialmente soggetta ad obbligo di notifica preventiva all’Autorità antitrust competente. La prassi più recente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) offre interessanti spunti a riguardo.

Con provvedimento del 30 novembre 20161[, l’AGCM ha ritenuto che l’acquisto, da parte di Istituto Bancario del Lavoro S.p.A., di un portafoglio di crediti e rapporti giuridici di titolarità di Barclays Bank Plc (succursale italiana) non configurasse un’operazione di concentrazione a fini antitrust. Più specificamente l’acquisto (pro-soluto) aveva ad oggetto un complesso di crediti e rapporti giuridici individuabili “in blocco” in forza ed in conformità all’art. 58 TUB; si trattava, in particolare, di crediti garantiti e rimborsati dai prenditori tramite cessione del quinto dello stipendio o della pensione, oppure tramite delegazione di pagamento, e relativi a posizioni creditizie destinate ad una progressiva estinzione (i.e. finanziamenti interamente erogati e le cui ultime erogazioni risalivano al 2011).

Come noto, affinché l’acquisizione di assets possa avere rilevanza ai sensi della normativa sul controllo delle concentrazioni, è necessario che i beni acquistati costituiscano la totalità o parte di un’impresa, ossia un’attività con una presenza sul mercato, alla quale può essere chiaramente attribuito un fatturato. Nel passato sono stati quindi ritenuti configurare operazioni di concentrazione l’acquisto di pacchetti di clienti (accompagnato da una clausola di non-concorrenza a carico del venditore)2, così come l’acquisto di assets per la trasmissione del segnale radiomobile3.

Nel caso di specie, l’AGCM ha ritenuto che i descritti requisiti non fossero soddisfatti in quanto i crediti e i rapporti giuridici oggetto di acquisizione erano “destinati ad estinguersi progressivamente e non […] idonei a generare nuovo business nel futuro”. Nell’argomentazione dell’AGCM, quindi, ha assunto valenza dirimente la circostanza che, essendo i crediti oggetto di acquisizione relativi a finanziamenti già interamente erogati, e le cui ultime erogazioni risalivano a circa 5 anni prima, questi non erano idonei a generare fatturato nel futuro. In altri termini, finanziamento (da cui scaturiva il rapporto di debito-credito) era stato già integralmente erogato ed il relativo contratto non era suscettibile di rinnovo. In tal senso, questa situazione differisce quindi da altre tipologie di cessioni di portafogli di contratti e crediti, come ad esempio la cessione di portafogli di polizze assicurative, che viceversa integrano ipotesi di concentrazioni potenzialmente soggette ad obbligo di notifica4[.

Sembra pertanto possibile trarre alcune conclusioni:

-L’analisi dell’AGCM avrebbe probabilmente portato ad esiti differenti nel caso in cui oggetto di cessione fossero stati crediti relativi a finanziamenti non interamente erogati, come nel caso di aperture di credito su base rotativa, finanziamenti a stato di avanzamento lavori, carte revolving. In questi casi, infatti, essendo ancora possibili (o addirittura necessarie) ulteriori erogazioni, per definizione sembrerebbe potervi essere un “nuovo business” generato in futuro, e quindi un’attività idonea a produrre un fatturato.

-Le cessioni di Non Performing Loans (“NPLs”) non dovrebbero integrare operazioni di concentrazione a fini antitrust e, pertanto, dovrebbero essere ricomprese nel novero delle operazioni non soggette ad obbligo di notifica in quanto si tratta, nella quasi totalità dei casi, di crediti relativi a finanziamenti in relazione ai quali il rapporto contrattuale sottostante è spesso già venuto meno per effetto della risoluzione, o nei quali il debitore non è più legittimato a chiedere nuove erogazioni in quanto inadempiente o decaduto dal beneficio del termine.

  • Laddove oggetto di cessione non fosse unicamente un portafoglio di NPLs, bensì, ad esempio, un complesso organizzato di beni comprendente anche le attività di servicing in precedenza svolte internamente dal cedente, la conclusione potrebbe essere differente; in tale caso, infatti, potrebbe configurarsi l’acquisito di controllo su un’attività produttiva di fatturato (i.e. l’attività di servicing), laddove tale attività fosse trasferita con una struttura tale da conferire una sufficiente autonomia di mercato al business ceduto5[.

Compliance antitrust nel settore bancario

Come noto, con le Linee Guida del 22 ottobre 20146, l’AGCM ha introdotto la possibilità per le imprese che si dotano di un efficace programma di compliance antitrust di ottenere una riduzione sulla sanzione che può arrivare fino al 15% dell’importo base, circostanza alquanto rara nel panorama europeo ed internazionale. Dall’analisi dei primi casi nei quali l’AGCM ha dato attuazione a tale disposizione, si evince che il contenuto minimo di un programma di compliance comprende i seguenti elementi: il coinvolgimento del management, l’identificazione del personale responsabile del programma, l’organizzazione di attività di training, nonché la previsione di incentivi/disincentivi e di sistemi di monitoraggio e di audit7.

Quanto alla tempistica dell’introduzione del programma di compliance, sembra chiaro che la riduzione della sanzione possa essere accordata nel caso di un programma di compliance adottato successivamente all’avvio di un’eventuale istruttoria da parte dell’AGCM, pur se le misure di compliance devono essere implementate prima dell’invio, da parte degli Uffici dell’AGCM, della Comunicazione delle Risultanze Istruttorie (“CRI”)8. Non è ancora del tutto chiara invece la valenza – sempre ai soli fini del beneficio della riduzione della sanzione – di un programma di compliance esistente anteriormente all’avvio dell’istruttoria da parte dell’AGCM. Dall’analisi di alcuni recenti procedimenti dell’AGCM, sembra evincersi infatti che, anche in caso di un programma di compliance anteriore all’avvio dell’istruttoria, si possa beneficiare di una riduzione della sanzione, a condizione che, prima dell’invio della CRI, l’impresa abbia proceduto ad aggiornare il programma, includendo nel novero delle attività coperte dalle misure di compliance, le specifiche condotte oggetto di istruttoria9.

A questo ultimo proposito, è da osservare che, in linea di principio, uno dei requisiti di un efficace programma di compliance è che il contenuto della stessa (ad esempio, in termini di linee guida e di training) rifletta le caratteristiche del settore e le condotte tipiche dello stesso. In questo contesto, se da un lato, la casistica delle autorità di concorrenza e quella dell’AGCM in particolare ricomprendono casi alquanto standard di comportamenti potenzialmente collusivi10, dall’altro le modalità di attuazione di condotte restrittive si evolve, anche con l’evolversi delle tecnologie comunicative. Si pensi, ad esempio, al caso Euro Interest Rate Derivatives nei quali la Commissione UE ha accertato che i contatti tra concorrenti erano intervenuti attraverso l’uso di chat room private11.

Pertanto, presumibilmente, le particolarità di questo tipo di condotte dovranno essere adeguatamente riflesse nei programmi di compliance antitrust al fine di garantirne l’effettività.

Private enforcement

Decreto legislativo n. 3 del 19 gennaio 2017, di attuazione della Direttiva 2014/104/UE del 26 novembre 2014, relativa alle azioni per il risarcimento del danno per violazioni della normativa antitrust

Il 3 febbraio 2017 ha visto l’entrata in vigore del Decreto legislativo n. 3/2017 (“Decreto”), con cui è stata trasposta nell’ordinamento italiano la Direttiva 2014/104/UE (“Direttiva”). Con il Decreto sono state di fatto introdotte una serie di previsioni sostanziali e procedurali finalizzate a facilitare le azioni per il risarcimento dei danni subiti dalle vittime di violazioni antitrust.

Un primo elemento di novità introdotto dal Decreto riguarda il regime di esibizione delle prove. In particolare, i giudici nazionali, su istanza motivata di una parte, possono ora richiedere alle altre parti in giudizio o a terzi di esibire prove nella loro disponibilità12. Nel fare ciò, il giudice dovrà però indicare in maniera quanto più dettagliata l’oggetto della richiesta di esibizione, nonché adottare ogni necessaria misura al fine di tutelare la confidenzialità di quelle informazioni che abbiano carattere riservato (e.g. non rendendo visibili le parti riservate di un documento)13[. Inoltre, nel caso in cui una prova non possa essere fornita dalle parti o da terzi, è possibile per il giudice nazionale richiedere l’esibizione di prove contenute nel fascicolo di un’autorità di concorrenza, a patto che siano soddisfatte talune condizioni relative alla natura della prova richiesta. Ad ogni modo, un giudice nazionale non potrà in nessuna circostanza richiedere a una parte o a un terzo, inclusa un’autorità di concorrenza, di esibire dichiarazioni legate a un programma di clemenza o ad accordi transattivi.

Il Decreto, inoltre, rende meno oneroso l’onere della prova incombente sulla parte attrice, prevedendo che le decisioni definitive (i.e. non più soggette ad impugnazione) dell’autorità di concorrenza italiana, così come le sentenze del giudice (amministrativo) di ricorso che siano passate in giudicato, hanno un’efficacia vincolante circa l’esistenza delle violazioni anticoncorrenziali ivi accertate e delle modalità con cui queste si sono concretizzate (e.g. identità del soggetto che ha commesso l’infrazione)14. Allo stesso tempo, in linea con alcuni consolidati orientamenti giurisprudenziali15[, spetterà all’attore dimostrare l’esistenza di un nesso causale tra i danni asseritamente sofferti e la violazione antitrust accertata dall’autorità di concorrenza italiana. A tal proposito, il Decreto prevede che qualora la violazione sia consistita in un cartello, il verificarsi di un danno è presunto, salvo prova contraria del convenuto.

Nel Decreto viene altresì chiarito che il diritto al risarcimento dei danni conseguenti da una infrazione anticoncorrenziale si prescrive in 5 anni16. Tale termine risulta sospeso nel caso in cui un’autorità di concorrenza avvii un’indagine o un’istruttoria in relazione alla violazione antitrust a cui si riferisce l’azione per il diritto al risarcimento del danno. Inoltre, tale periodo di sospensione si protrae per un anno dal momento in cui la decisione dell’autorità di concorrenza è divenuta definitiva o dopo che il procedimento si è concluso in altro modo.

In linea con la Direttiva, il Decreto poggia sul principio per cui al danneggiato deve essere garantito il “pieno” risarcimento del danno subito in ragione di una violazione antitrust17[, indipendentemente dal fatto che questi sia un acquirente diretto o indiretto dell’autore della violazione, ma a condizione che il risarcimento del danno emergente cagionato ad un dato livello della catena di approvvigionamento non superi il danno da sovrapprezzo subito a tale livello. A tal proposito, il Decreto prevede che il convenuto possa eccepire in sua difesa che l’attore abbia trasferito ai propri clienti, in tutto o in parte, il sovrapprezzo derivante dalla violazione antitrust. Di tale circostanza sarà però lo stesso convenuto a doverne dare prova, eventualmente chiedendo l’esibizione di prove all’attore o a terzi.

Tramite il Decreto vengono poi introdotte due specifiche eccezioni al principio per cui tutte le imprese partecipanti ad una violazione antitrust sono tenute in solido a risarcire il danneggiato del danno scaturente da tale violazione (i.e. il soggetto danneggiato può rivolgersi a ciascuno degli autori della violazione per ottenere l’integrale risarcimento). Tali eccezioni sono previste in favore delle piccole e medie imprese18 (“PMI”)19 e dei beneficiari di un’immunità nel contesto di un programma di clemenza20.

In ultimo, il Decreto ha concentrato le controversie da risarcimento del danno antitrust presso i tribunali per le imprese di Milano (per il Nord Italia), Roma (per l’Italia centrale e la Sardegna) e Napoli (per il Sud Italia).

In conclusione, si può ritenere che il Decreto abbia in massima parte seguito il testo e i principi ispiratori della Direttiva, apportando alcuni adeguamenti procedurali (e.g. con riferimento al regime di esibizione delle prove). Sebbene al momento sia prematuro esprimere qualsiasi valutazione circa l’effettivo impatto del Decreto rispetto al ricorso al private enforcement, può comunque rilevarsi che, fornendo maggiore chiarezza circa il quadro normativo che disciplina le azioni per il risarcimento dei danni, il Decreto ha comunque ridotto lo stato di incertezza procedurale che ha sino ad oggi scoraggiato i soggetti danneggiati da una violazione antitrust dal cercare ristoro giudiziale al pregiudizio subito. E’ quindi ragionevole attendersi un accresciuto ricorso al private enforcement, e ciò con particolare riguardo al settore bancario, a seguito delle recenti decisioni di accertamento di infrazione adottate, non solo a livello nazionale, ma anche a livello UE21.

Pratiche commerciali scorrette

PS10296 – Unicredit-Mutuo variabile soglia minima

Il 21 dicembre 2016, l’AGCM ha deliberato l’accettazione degli impegni presentati da Unicredit S.p.A. nell’ambito di un procedimento relativo alla mancata applicazione dei valori negativi dell’Euribor ai contratti di mutuo immobiliare a tasso variabile.

L’istruttoria ha ad oggetto due pratiche poste in essere da Unicredit a seguito della discesa al di sotto dello 0, nei primi mesi del 2015, del tasso Euribor. La prima pratica riguardava i contratti di mutuo a tasso variabile stipulati prima del verificarsi dei valori negativi dell’Euribor e consisteva nella mancata applicazione di tali valori nella determinazione del tasso di interesse. La seconda pratica riguardava invece i nuovi contratti stipulati nel corso del 2015 e consisteva nella mancata informativa attinente la modulistica contrattuale, da cui non risultava sufficientemente chiaro che valori negativi dell’Euribor non erano più presi in considerazione per il calcolo del tasso d’interesse e che lo spread costituiva, di fatto, il tasso minimo applicabile.

L’istruttoria svolta ha mostrato come la banca, per far fronte alla progressiva diminuzione dei valori Euribor, abbia adottato un’interpretazione del contratto volta a garantire alla stessa comunque una remunerazione minima pari allo spread. Tale decisione, tuttavia, sarebbe stata posta in essere, secondo l’AGCM, senza alcuna comunicazione ai consumatori che si sono visti trasformare, di fatto, un mutuo a tasso variabile in un mutuo a tasso fisso corrispondente al valore dello spread. Anche con riguardo alla documentazione contrattuale introdotta a far data dal settembre 2015, l’informativa resa sarebbe stata formulata in modo tale da non esplicitare adeguatamente la sussistenza di un tasso floor pari allo spread.

Unicredit ha presentato degli impegni consistenti (i) nella automatica rideterminazione retroattiva e per tutta la durata futura del rapporto delle rate dei mutui basata sul ricalcolo degli interessi tramite l’applicazione retroattiva dei valori negativi dell’Euribor e, (ii) nell’integrazione della documentazione precontrattuale e contrattuale destinata ai consumatori che hanno stipulato o stipuleranno con la banca contratti di mutuo che prevedono clausole di tasso minimo pari allo spread, al fine di rendere esplicita, anche nella denominazione del contratto, la presenza di un tasso floor che limita la variabilità del contratto.

Poiché gli impegni presentati sono stati considerati adatti a far venir meno gli effetti negativi delle pratiche messe in atto della banca, l’AGCM ha deciso di accettarli senza accertare l’infrazione, anche in considerazione del contesto straordinario all’interno del quale si è realizzata la condotta. Infatti, al momento della stipulazione della maggior parte dei contratti di mutuo oggi in essere, non era possibile per Unicredit prevedere che l’indice Euribor avrebbe raggiunto soglie negative.

PS9854 – Banca Mediolanum- Offerta congiunta mutui con polizze assicurative

Il 5 agosto 2015, l’AGCM ha irrogato una sanzione di 450.000 Euro nei confronti di Banca Mediolanum per  aver posto in essere una pratica commerciale scorretta relativa all’offerta congiunta di mutui con polizze assicurative.

L’istruttoria è stata avviata su segnalazione dell’IVASS ed aveva ad oggetto la condotta consistente nell’aver indotto ed obbligato i consumatori intenzionati a sottoscrivere le tipologie di contratto “Mutuo Mediolanum Freedom” e “Mutuo Ristrutturazione Mediolanum Riparti Italia” a stipulare anche le polizze collettive denominate “Polizze Incendio e Scoppio” e “Polizze Protezione Mutuo” di Mediolanum Assicurazioni collocate da Banca Mediolanum.

Anche se i fogli informativi dei mutui prevedevano la possibilità per i consumatori di rivolgersi ad altre compagnie assicurative, i requisiti minimi richiesti per le polizze assicurative erano così specifici e stringenti, da rendere estremamente difficile reperire alternative sul mercato, soprattutto tenendo conto dei limitati termini temporali per la loro presentazione durante la fase istruttoria della richiesta di mutuo.

A seguito del rigetto degli impegni presentati da Banca Mediolanum, l’importo della sanzione è stato determinato in 650.000 Euro, poi ridotto a 450.000 in considerazione delle iniziative “correttive” connesse all’offerta commerciale delle polizze abbinate ai propri mutui che Banca Mediolanum da ultimo ha comunicato all’Autorità di voler adottare.

Conclusioni simili sono state raggiunte dall’Autorità nel più recente caso avente ad oggetto la pratica messa in atto dalla Banca Popolare di Vicenza consistente nell’aver condizionato l’erogazione di finanziamenti a favore dei consumatori all’acquisto da parte degli stessi di azioni od obbligazioni convertibili della banca, nonché all’apertura di conti correnti ai fini del perfezionamento del mutuo (Caso n. PS10363). L’AGCM ha rilevato la scorrettezza della pratica e ha irrogato una sanzione pari a 4,5 milioni di Euro.

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1Provvedimento n. 26254, nel caso C12070 – IBL Banca Istituto Bancario del Lavoro/Portafoglio di crediti e rapporti giuridici di Barclays Bank, del 30 novembre 2016.

2Provvedimento n. 19336, nel caso C9858 – CECA/ Ramo di azienda di Kao Chemicals Europe, del 18 dicembre 2008; provvedimento n. 11137, nel caso C5411 – Otis/Ramo di azienda di società di persone, del 22 agosto 2002.

3Provvedimento n. 13137, nel caso C6161 – RAI/ Rami d’azienda, del 29 aprile 2004.

4Si veda ad esempio il provvedimento n. 24106, nel caso C11811 – Cardif Assicurazioni/Ramo d’azienda di Intesa Sanpaolo Vita, del  5 dicembre 2012, in cui l’AGCM ha autorizzato la cessione di un portafoglio di polizze assicurative non più oggetto di distribuzione dal 2009-2010.

5[L’esternalizzazione di attività interne può integrare una concentrazione laddove all’acquirente, oltre ad una determinata attività svolta in precedenza internamente, vengano trasferiti attivi e personale dedicati, idonei a permettere all’acquirente di prestare i servizi non solo al venditore ma anche a terzi, immediatamente o a breve termine dopo il trasferimento. Viceversa, se gli attivi trasferiti non permettono all’acquirente almeno di sviluppare una presenza sul mercato, è probabile che siano utilizzati soltanto per la fornitura di servizi esternalizzati al venditore. In tali circostanze, l’operazione non determina una modifica duratura nella struttura del mercato ed il contratto di outsourcing è simile ad un contratto di prestazione di servizi, con la conseguenza che l’operazione non costituirà una concentrazione (cfr. Comunicazione consolidata della Commissione sui criteri di competenza giurisdizionale a norma del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, punti 25-27).

6Disponibili all’indirizzo http://www.agcm.it/normativa/concorrenza/7426-delibera-agcm-22-ottobre-2014-n25152-linee-guida-sulla-modalita-di-applicazione-dei-criteri-di-quantificazione-delle-sanzioni-amministrative-pecuniarie-irrogate-dallautorita-in-applicazione-dellarticolo-15-comma-1-della-legge-n-28790-.html.

7Provvedimento n. 26064, nel caso I783 – Accordo tra operatori del settore vending, dell’8 giugno 2016; provvedimento n. 25801, nel caso I780 – Mercato del calcestruzzo in Veneto, del 22 dicembre 2015; provvedimento n. 26229, nel caso I789 – Agenzie di modelle, del 26 ottobre 2016; provvedimento n. 25882, nel caso I777 – Tassi sui mutui nelle province di Bolzano e Trento del 24 febbraio 2016.

8Provvedimento n. 26316, nel caso I792 – Gare ossigenoterapia e ventiloterapia, del 21 dicembre 2016; provvedimento n. 25401, nel caso I772 – Mercato del calcestruzzo Friuli Venezia Giulia, del 25 marzo 2015.

9Provvedimento n. 26316, nel caso I792 – Gare ossigenoterapia e ventiloterapia, del 21 dicembre 2016; provvedimento n. 26185, nel caso A480 – Incremento prezzo farmaci Aspen, del 29 settembre 2016.

10Si veda, ad esempio, il provvedimento n. 25882, nel caso I777- Tassi sui mutui nelle province di Trento e Bolzano, del 24 febbraio 2016, che aveva ad oggetto due intese, l’una relativa alla provincia di Bolzano e l’altra alla provincia di Trento, poste in essere da rilevanti operatori bancari, aventi ad oggetto lo scambio di informazioni sensibili e il coordinamento delle rispettive politiche commerciali nel mercato degli impieghi alle famiglie consumatrici.

11Decisione della Commissione nel caso n. AT.39914 – Euro Interest Rate Derivatives, del 7 dicembre 2016; decisione della Commissione nel caso n. AT.39861 – Yen Interest Rate Derivatives (YIRD) del 4 dicembre 2015; decisione della Commissione nel caso AT.39924 — Swiss Franc Interest Rate Derivatives, 21 ottobre 2014.

12Il Decreto riconosce espressamente la riservatezza delle comunicazioni tra avvocati (esterni) incaricati di assistere una parte e il cliente stesso.

13È prevista l’applicabilità di sanzioni amministrative in capo alle parti che non osservino le obbligazioni stabilite dal Decreto in tema di esibizione delle prove.

14È invece attribuito un valore probatorio attenuato alla decisione definitiva di una autorità nazionale di concorrenza di un altro Stato membro; questa infatti rappresenta una mera prova della sussistenza di una violazione antitrust da valutarsi, però, insieme agli altri elementi di prova presentati dalle parti.

15Ex multis, Brennercom c. Telecom, sentenza del Tribunale di Milano del 27 dicembre 2013, n. 16319 /2013.

16Tale termine quinquennale inizia a decorrere dal momento in cui la violazione antitrust sia cessata e l’attore abbia conoscenza (o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza): (a) della condotta in questione e del fatto che questa costituisce una violazione antitrust che gli ha peraltro cagionato un danno; e (b) dell’identità dell’autore della violazione.

17La Commissione UE ha recentemente realizzato uno studio finalizzato a fornire delle indicazioni pratiche ai giudici nazionali nella valutazione dei danni in sede civile nei casi in cui il convenuto abbia sollevato una eccezione di traslazione del sovrapprezzo. Lo studio è disponibile al seguente indirizzo <http://ec.europa.eu/competition/publications/reports/KD0216916ENN.pdf>.

18Si tratta delle imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR (v. art. 2(1) dell’allegato alla Raccomandazione del 6 maggio 2003 n. 2003/361/CE).

19Secondo questa eccezione, una PMI è responsabile in solido solo nei confronti dei propri acquirenti diretti ed indiretti quando: (a) la propria quota nel mercato rilevante è rimasta inferiore al 5% nel periodo in cui si è verificata la violazione antitrust; e (b) l’applicazione delle ordinarie regole in materia di responsabilità solidale determinerebbe un pregiudizio irreparabile per la propria solidità economica e la totale perdita di valore delle proprie attività. Ciò detto, una PMI è responsabile in solido anche nei confronti degli altri soggetti danneggiati qualora questi non possano ottenere l’integrale risarcimento dei danni subiti dalle altre imprese partecipanti alla violazione antitrust, o nel caso in cui la PMI abbia: (i) svolto un ruolo di leader nel compimento della violazione, o (ii) abbia costretto altre imprese a parteciparvi ovvero qualora si accerti la recidività della stessa PMI.

20L’eccezione prevede che il beneficiario dell’immunità sia responsabile in solido nei confronti dei suoi acquirenti o fornitori diretti o indiretti, nonché nei confronti di altri soggetti danneggiati qualora questi non possano ottenere il risarcimento integrale dagli altri autori della violazione.

21Decisione della Commissione nel caso AT.39914 – Euro Interest Rate Derivatives, del 7 dicembre 2016; decisione della Commissione nel caso n. AT.39861 – Yen Interest Rate Derivatives (YIRD) del 4 dicembre 2015; decisione della Commissione nel caso AT.39924 — Swiss Franc Interest Rate Derivatives, 21 ottobre 2014.


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