Legge Annuale per il Mercato e la Concorrenza: novità in materia antitrust


In questa Newsletter, ci occupiamo delle novità in materia antitrust introdotte dalla legge annuale per il mercato e la concorrenza (legge n. 118/2022; la “Legge”) adottata in data 5 agosto 2022.

La Legge, che è entrata in vigore il 27 agosto 2022, rafforza in maniera significativa le competenze dell’Autorità Garante della Concorrenza del Mercato (“AGCM” o l’“Autorità”), ampliandone i poteri istruttori e il sindacato in materia di controllo delle concentrazioni, nonché di antitrust e abuso di dipendenza economica[1], attraverso interventi modificativi della legge n. 287/1990 (“Legge Antitrust”) e di altre disposizioni.

  1. Ampliamento della competenza dell’AGCM in materia delle concentrazioni

L’art. 32 della Legge attribuisce all’AGCM il potere di esaminare operazioni che sono sotto le soglie di notifica. L’AGCM può richiedere di notificare un’operazione di concentrazione entro 30 giorni dalla richiesta, nel caso in cui:

  • sia superata una sola delle due soglie cumulative di fatturato previste dall’art. 16 della Legge Antitrust (attualmente € 517 milioni per il fatturato realizzato nel territorio italiano dall’insieme delle imprese interessate ed € 31 milioni per il fatturato realizzato individualmente a livello nazionale da almeno due delle imprese interessate); o
  • qualora il fatturato totale realizzato a livello mondiale dall’insieme delle imprese interessate sia superiore a € 5 miliardi;
  • a condizione che sussistano concreti rischi per la concorrenza nel mercato nazionale o in una sua parte e non siano trascorsi oltre sei mesi dal perfezionamento dell’operazione.

L’intervento legislativo rafforza l’attuale sistema di controllo delle concentrazioni, come richiesto dall’AGCM nella segnalazione S4143[2], con la finalità di evitare che operazioni sotto soglia potenzialmente problematiche possano sfuggire al vaglio dell’Autorità. Nella menzionata segnalazione, l’AGCM aveva espresso la preoccupazione che le regole previgenti potessero (i) non cogliere lo sviluppo in chiave prospettica, in particolare nel settore digitale e in altri settori in cui l’innovazione è un parametro importante per la concorrenza (si pensi, ad esempio, alle c.d. killer acquisition o alle concentrazioni che interessano start-up), o (ii) escludere dal controllo dell’Autorità operazioni che, seppur sotto soglia, possono avere un impatto significato su mercati locali.

L’estensione della competenza dell’AGCM riflette un trend europeo di più ampio respiro verso una maggiore flessibilità e discrezionalità nell’intervento delle autorità di concorrenza in materia di concentrazioni[3]. Come noto, il 26 marzo 2021 la Commissione europea (“Commissione UE”) ha adottato degli orientamenti[4] con i quali, discostandosi dalla prassi precedente, incoraggia le autorità nazionali di concorrenza a richiedere il rinvio verso la stessa (c.d. rinvio verso l’alto) non soltanto delle concentrazioni che non abbiano dimensione UE, ma anche delle concentrazioni che sono sotto le soglie di notifica nazionali, laddove i requisiti dell’art. 22 del Regolamento UE sulle concentrazioni[5] siano soddisfatti (ossia la concentrazione (i) incida sugli scambi tra gli Stati membri e (ii) possa incidere in misura significativa sulla concorrenza nel territorio dello Stato o degli Stati membri che presentano la richiesta di rinvio). In linea con i suoi nuovi orientamenti, il 19 aprile 2021 la Commissione UE ha accettato, per la prima volta, una richiesta di rinvio relativa a un’operazione di concentrazione che non era: né di dimensione UE, né di competenza dell’autorità nazionale richiedente, perché al di sotto di entrambe le soglie (caso M.10188 – Illumina/Grail)[6].

La novità introdotta dalla Legge, che ha effetto immediato (anche se l’AGCM dovrà adottare un provvedimento per definire le regole procedurali), crea un certo livello di incertezza giuridica per le operazioni in corso e future (la novella non si applica alle operazioni perfezionatesi prima della sua entrata in vigore), considerato (i) l’ampio margine di discrezionalità che il legislatore ha concesso all’AGCM nel richiedere la notifica delle concentrazioni sotto soglia, nonché (ii) l’ampio intervallo temporale entro il quale l’AGCM può richiedere la notifica (sei mesi dal perfezionamento dell’operazione). Sarà pertanto decisivo monitorare la prassi applicativa dell’AGCM per verificare in che misura l’Autorità farà uso di questa facoltà e quali regole procedurali l’Autorità adotterà (ad esempio, la possibilità per le imprese interessate di consultare preventivamente l’Autorità), posto che la Legge prevede espressamente che l’AGCM dovrà definire, con proprio provvedimento, le regole procedurali applicabili.

2. Modifica del test di valutazione sostanziale delle operazioni di concentrazione

L’art. 32 della Legge apporta modifiche all’art. 6, comma 1, della Legge Antitrust, integrando il test di valutazione sostanziale che informa il procedimento di controllo preventivo delle operazioni di concentrazione. La novella si prefigge sostanzialmente di allineare la disciplina nazionale sul controllo delle operazioni di concentrazione con il sistema di controllo di compatibilità delle medesime in vigore a livello dell’Unione europea nonché negli Stati membri ad eccezione dell’Italia e dell’Austria.

Più precisamente, il precedente dettato dell’art. 6 della Legge Antitrust ricalcava il mero test di dominanza disposto dal previgente regolamento europeo in materia di concentrazioni[7]. Tale test consentiva all’AGCM di vietare o autorizzare condizionatamente – i.e., previa implementazione di misure prescritte al fine di rimediare agli effetti restrittivi – esclusivamente le operazioni di concentrazione che comportassero “la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza”. Sotto l’egida della precedente formulazione, presupposto di un accertamento negativo di una operazione di concentrazione era, dunque, la positiva constatazione in termini di posizione dominante[8] detenuta nei mercati interessati dalle imprese coinvolte pre- e/o post-operazione. Operazioni che potenzialmente ostacolassero o impedissero la concorrenza effettiva in maniera sensibile e durevole, senza tuttavia dar vita a o rafforzare posizioni dominanti, non erano dunque in astratto passibili di divieto.

L’art. 32 della Legge introduce una serie di variazioni alla Legge Antitrust, cui consegue un’evidente estensione dei poteri dell’AGCM, nonché delle opportunità, per le imprese interessate, di prospettare potenziali vantaggi in termini di efficienza che le medesime comportino.

  • Viene adottato – in linea con i passati auspici dell’AGCM e di altre autorità nazionali –[9] il più ampio test del Substantial Impediment of Effective Competition (SIEC, od ostacolo significativo a una concorrenza effettiva), pur mantenendo il precedente test di dominanza[10] che continua a rappresentare il primo rivelatore di situazioni in cui la concorrenza effettiva può essere ostacolata in maniera significativa[11]. L’introduzione del test del SIEC è dunque volta a colmare un gap negli strumenti nazionali a tutela della concorrenza disponibili nel contesto dell’esame di concentrazioni, consentendo all’AGCM di imporre rimedi o vietare operazioni di concentrazione che, pur non determinando la creazione di una posizione dominante, possano determinare un peggioramento delle condizioni concorrenziali in ragione, ad esempio, della natura oligopolistica ma non collusiva dei mercati interessati ovvero della presenza di relazioni verticali particolarmente complesse[12].
  • Viene introdotta, nel contesto della valutazione sostanziale delle operazioni di concentrazione, la possibilità per le imprese interessate di prospettare, e per l’AGCM di operare, un bilanciamento tra i potenziali effetti restrittivi della concorrenza e i potenziali vantaggi in termini di efficienza che simili operazioni possano produrre, in relazione sia agli “interessi dei consumatori intermedi e finali” sia al “progresso tecnico ed economico”. Resta tuttavia salva la necessità che i vantaggi menzionati innanzi siano riservati ai consumatori e che le operazioni di concentrazione in esame non costituiscano impedimenti alla concorrenza, nonché confermata la constatazione che, sia a livello UE che nazionale, le efficienze eventualmente generate da tali operazioni sono raramente ritenute sufficienti a dirimere ogni preoccupazione circa gli effetti anti-competitivi che potrebbero generare[13].
  • Infine, la Legge sancisce la possibilità per l’AGCM di “valutare gli effetti anticompetitivi di acquisizioni di controllo su imprese di piccole dimensioni caratterizzate da strategie innovative, anche nel campo delle nuove tecnologie”. Questo passaggio sembra volto a fornire un’adeguata base per l’analisi sostanziale delle c.d. killer acquisition. Ad esempio, operazioni in cui imprese di grande dimensione – spesso attive nel settore digitale, tecnologico o farmaceutico – si accingano ad acquisire imprese più piccole (ad esempio, start-up) che stiano sviluppando prodotti innovativi e concorrenti di quelli commercializzati dalle possibili acquirenti sarebbero dunque oggetto di attento esame sostanziale alla luce della nuova previsione. Quest’ultima è pertanto volta a evitare che le operazioni di concentrazione in questione si traducano nella soppressione di progetti innovativi dell’impresa target, oppure nell’integrazione di prodotti o servizi innovativi nell’offerta dell’impresa acquirente, eliminando così un potenziale concorrente e/o rallentando lo sviluppo tecnologico ed economico del mercato interessato.

Le novità introdotte dalla Legge in relazione al test di valutazione sostanziale delle operazioni di concentrazione recano senz’altro benefici in termini di coerenza nella valutazione per le imprese che si apprestino a concludere operazioni di concentrazione soggette a obblighi di notifica in più Stati membri, non generando, per contro, incertezze particolari se, come si presume, l’AGCM le applicherà in conformità alla prassi che si è andata delineando, nell’ultimo ventennio, a livello UE.

3. Calcolo del fatturato per le banche, gli istituti finanziari e le assicurazioni

L’art. 32 della Legge modifica i criteri per calcolare il fatturato rilevante ai fini dell’obbligo di notifica delle operazioni di concentrazione degli istituti bancari e finanziari per adeguarli a quelli europei.

In precedenza, il fatturato rilevante era pari al valore di un decimo del totale dell’attivo dello stato patrimoniale, esclusi i conti d’ordine, e, per le imprese di assicurazione, al valore dei premi incassati.

In simmetria con la previsione del Regolamento UE sulle concentrazioni, la Legge prevede che, per gli enti creditizi e gli altri istituti finanziari, il fatturato è sostituito dalla somma delle seguenti voci di provento al netto, nel caso, dell’imposta sul valore aggiunto e di altre imposte direttamente associate ai suddetti proventi:

  1. interessi e proventi assimilati;
  2. proventi di azioni, quote ed altri titoli a reddito variabile, proventi di partecipazioni, proventi di partecipazioni in imprese collegate e altri proventi su titoli;
  3. proventi per commissioni;
  4. profitti da operazioni finanziarie;
  5. altri proventi di gestione.

Come evidenziato dall’AGCM nella sua recente Segnalazione, la modifica fa sì che il fatturato rilevante sia calcolato sulla base dei proventi derivanti dalla gestione, che riflettono la dimensione dell’attività svolta dalla banca o istituto finanziario piuttosto che la sua dimensione patrimoniale.

Quanto alle imprese di assicurazioni, la Legge Antitrust in precedenza conteneva solo una previsione succinta, secondo la quale il fatturato rilevante era rappresentato dal valore dei premi incassati. La Legge esplicita, così come fa il Regolamento UE sulle concentrazioni, che il fatturato rilevante è rappresentato dal valore di premi lordi emessi, che comprendono tutti gli importi incassati o da incassare a titolo di contratti d’assicurazione stipulati direttamente da dette imprese o per loro conto, inclusi i premi ceduti ai riassicuratori, previa detrazione delle imposte o tasse parafiscali riscosse sull’importo dei premi o sul relativo volume complessivo.

4. Trattamento delle imprese comuni

L’art. 32 della Legge integra e modifica la disciplina delle imprese comuni allineandola a quella europea più recente.[14]

L’art. 5 della Legge Antitrust, come novellato, prevede che, nella definizione di “impresa comune”, debba includersi non solo quella che deriva dalla costituzione di una nuova società, come prima previsto, ma anche la joint venture che esercita stabilmente tutte le funzioni di un’entità autonoma (comma 1, lett. c).

Inoltre, il comma 3 dell’art. 5 della Legge Antitrust risulta integrato nella parte in cui prevede che, nell’ipotesi in cui la costituzione dell’impresa comune che realizza una concentrazione abbia per oggetto o per effetto il coordinamento del comportamento di imprese indipendenti, tale coordinamento sia valutato secondo i parametri adottati per la valutazione delle intese restrittive. Nella valutazione l’Autorità considera, in particolare, la presenza significativa e simultanea di due o più imprese madri sullo stesso mercato della joint venture, o su uno situato a monte o a valle, ovvero contiguo e strettamente legato, nonché la possibilità offerta alle imprese interessate, attraverso il coordinamento risultante direttamente dalla costituzione della joint venture, di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti e servizi in questione (comma 3).

La riforma amplia la categoria delle imprese comuni soggette a notifica includendo anche le imprese comuni cooperative che generano un effetto strutturale, ossia dotate di autonomia funzionale. Pertanto, tutte le imprese comuni full-function sono ora sottoposte alla disciplina sul controllo delle concentrazioni e gli eventuali rischi di coordinamento esistenti tra le imprese madri della joint venture sono valutati sulla base del test giuridico proprio delle intese.

5. Procedura di transazione (c.d. settlement) nelle istruttorie antitrust

L’art. 34 della Legge introduce, all’art. 14-quater della Legge Antitrust, la c.d. “procedura di transazione” o “settlement”: le imprese interessate che riconoscono la loro partecipazione in una violazione delle regole antitrust possono beneficiare di una riduzione delle ammende, secondo un meccanismo che si fonda sul principio di economia procedurale.

La procedura, pur modellata su quella applicata dalla Commissione UE[15], se ne discosta, in primis, quanto all’ambito di applicazione: il settlement nazionale interesserà non soltanto i casi di intese, ma anche i casi di abuso di posizione dominante.

La procedura di transazione si articola in tre fasi principali:

  1. una fase preliminare, in cui l’AGCM potrà sondare la disponibilità delle parti a discutere una proposta di transazione, assegnando loro un termine in cui manifestare tale disponibilità. Non vi è dunque un “diritto” delle parti alla transazione, il cui esperimento resta una discrezionale iniziativa dell’AGCM. Quest’ultima, inoltre, può decidere in qualsiasi momento di interrompere le discussioni in vista di una transazione, anche rispetto a una o più imprese specifiche, qualora ritenga che sia compromessa l’efficacia della procedura;
  2. una fase esplorativa, in cui l’AGCM può – e non deve – informare le imprese che partecipano a discussioni finalizzate alla transazione circa: a) gli addebiti che intende muovere nei loro confronti e gli elementi probatori a sostegno; b) versioni non riservate di qualsiasi specifico documento accessibile a fascicolo istruttorio, su richiesta di parte e nella misura in cui la richiesta sia funzionale a consentirle di accertare la sua posizione in merito a un periodo di tempo o a qualsiasi altro aspetto particolare del cartello[16]; c) la forcella delle potenziali ammende;
  3. la presentazione delle proposte transattive nel termine fissato dall’AGCM, in caso di esito favorevole della fase esplorativa. L’Autorità non è obbligata a tener conto di proposte di transazione ricevute dopo la scadenza del termine assegnato, che, dunque, assume una sorta di perentorietà unidirezionale, gravando il suo rispetto unicamente sull’impresa, mentre l’AGCM resta libera di tenere conto anche di proposte transattive ricevute oltre il termine.

Quanto alle regole procedurali per la presentazione e la valutazione delle proposte transattive ricevute, queste vengono demandate dalla Legge all’AGCM, che dovrà disciplinare tale fase con provvedimento generale nel rispetto del principio del contraddittorio. Tale provvedimento disciplinerà altresì l’entità della riduzione della sanzione da accordare in caso di completamento con successo della procedura.

Si tratta di una delega di contenuto piuttosto ampio, che concerne non solo il quantum della riduzione accordabile, ma anche profili procedurali che possono incidere direttamente nella sfera giuridica degli interessati, quali, ad esempio, la possibilità di revoca della proposta transattiva.

Appare infine utile ricordare, in punto di private enforcement, che, ai sensi dell’art. 5 del D.lgs. n. 3/2017, il giudice non può ordinare a una parte o a un terzo di esibire prove aventi a oggetto dichiarazioni legate a proposte di transazione, che, dunque, non possono essere sfruttate con valore confessorio contro chi le ha rese (ad eccezione dell’esibizione di proposte di transazione che sono state revocate, che è ammissibile ai sensi dell’art. 4, comma 4, lett. c), del medesimo decreto).

Inoltre, ai sensi dell’art. 31-ter, comma 2, della Legge Antitrust, come introdotto dal D.lgs. n. 185/2021, le parti che hanno ottenuto l’accesso al fascicolo del procedimento istruttorio possono utilizzare informazioni desunte dalle proposte di transazione per quanto necessario per l’esercizio dei diritti di difesa nei procedimenti dinanzi all’autorità giudiziaria che sono direttamente collegati al caso per il quale è stato concesso l’accesso.

Anche questo sarà dunque un aspetto di cui tenere conto ai fini dell’adesione alla procedura di settlement.

6. Ulteriore ampliamento dei poteri istruttori dell’AGCM

L’articolo 35 della Legge estende i poteri d’indagine dell’Autorità, permettendole di richiedere a imprese o enti, “in ogni momento” e, dunque, anche al di fuori di procedimenti istruttori formalmente avviati, informazioni e documenti utili ai fini dell’applicazione della normativa:

  • nazionale ed europea, che vieta le intese restrittive della concorrenza e l’abuso di posizione dominante (nuovi commi 2-bis e 2-ter dell’art. 12 della Legge Antitrust);
  • sul controllo delle concentrazioni (nuovo art. 16-bis della Legge Antitrust).

Le richieste di informazioni in fase pre-istruttoria, secondo l’impianto definito dalla Legge, avranno carattere obbligatorio: se i loro destinatari rifiuteranno od ometteranno di darvi seguito, ovvero forniranno informazioni fuorvianti o non veritiere “senza giustificato motivo”, l’AGCM potrà irrogare loro la sanzione di cui all’art. 14, comma 5, della Legge Antitrust, ad oggi prevista per le medesime condotte soltanto rispetto a richieste di informazioni formulate in corso di istruttoria e non anche in una fase pre-istruttoria. Si tratta, in particolare, di una sanzione amministrativa pecuniaria fino all’1% del fatturato totale del gruppo di appartenenza realizzato a livello mondiale. La Legge non specifica tuttavia quale possa essere il “giustificato motivo” sulla base del quale il destinatario della richiesta di informazioni sarà legittimato a non fornire quanto richiesto.

Le ricadute pratiche di questa previsione in ambito antitrust sono evidenti, in quanto comportano che un’impresa potrà essere destinataria di richieste di informazioni e documenti da parte dell’AGCM anche prima della formale apertura dell’istruttoria, andando altresì incontro all’applicazione di una sanzione in caso di mancata risposta o risposta non veritiera. Ciò a differenza del previgente sistema, in cui una simile sanzione poteva essere applicata dall’AGCM soltanto nel caso in cui la richiesta di informazioni in questione fosse stata formulata in corso di istruttoria (i.e., dopo l’adozione del relativo provvedimento di avvio). La modifica avvicina quindi il sistema nazionale di public enforcement italiano a quello europeo, in cui la Commissione UE può indirizzare, anche prima dell’apertura formale del procedimento istruttorio, richieste di informazioni con possibilità di applicare sanzioni nel caso in cui le imprese destinatarie forniscano informazioni fuorvianti o non veritiere o, nel caso di richiesta adottata tramite decisione, omettano di fornire le informazioni richieste.

Analogamente, nell’ambito del controllo delle concentrazioni, le imprese potranno essere destinatarie di richieste di informazioni che, in caso di mancata risposta o risposta non veritiera, comporteranno l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 14, comma 5, della Legge Antitrust, e ciò indipendentemente dalla notifica della concentrazione stessa e, in caso di notifica, dall’apertura della fase istruttoria (c.d. Fase 2). Al contrario, nel previgente sistema, una simile sanzione poteva essere applicata dall’AGCM soltanto nel caso in cui la richiesta di informazioni in questione fosse stata formulata in corso di istruttoria, quindi, nel corso della c.d. Fase 2.

La modifica in commento conferisce quindi all’Autorità la facoltà di indirizzare richieste di informazioni vincolanti alle imprese già nella fase pre-istruttoria (c.d. Fase 1) e senza interrompere i termini istruttori, mentre precedentemente l’Autorità poteva inviare formali richieste di informazioni in Fase 1 solo nell’ipotesi di comunicazione della concentrazione che fosse inesatta, incompleta o non veritiera, con interruzione dei termini. Anche in questo caso, la modifica avvicina il regime di controllo delle concentrazioni italiano a quello europeo, in cui la Commissione UE fa ampio uso della facoltà di inviare richieste di informazioni durante la Fase 1.

Peraltro, la stessa modifica potrebbe assumere particolare importanza al fine di acquisire informazioni preliminari circa l’inottemperanza all’obbligo di notifica o ad eventuali misure correttive, ovvero per verificare il ricorrere delle condizioni che legittimano la richiesta di notifica da parte dell’AGCM delle operazioni sotto-soglia.

Le richieste di informazioni dovranno avere, secondo l’art. 35 della Legge, tre principali requisiti: (i) indicare la base giuridica su cui sono fondate; (ii) essere proporzionate; e (iii) non obbligare i destinatari ad ammettere un’infrazione del divieto di intese e di abuso di posizione dominante.

7. Rafforzamento del contrasto all’abuso di dipendenza economica

L’art. 33 della Legge modifica la disciplina sull’abuso di dipendenza economica, introducendo una presunzione relativa dello stato di dipendenza economica dalle piattaforme digitali e una lista esemplificativa di pratiche in cui si può concretizzare l’abuso.

In particolare, l’articolo 9 della Legge n. 192/1998, come modificato dalla Legge, prevede che[17]:

  • salvo prova contraria, si presume la dipendenza economica nel caso in cui un’impresa utilizzi i servizi di intermediazione forniti da una piattaforma digitale che ha un ruolo determinante per raggiungere utenti finali o fornitori, anche in termini di effetti di rete o di disponibilità dei dati; e
  • le pratiche abusive realizzate dalle piattaforme digitali possono consistere anche nel:
    • fornire informazioni o dati insufficienti in merito all’ambito o alla qualità del servizio erogato e richiedere indebite prestazioni unilaterali non giustificate dalla natura o dal contenuto dell’attività svolta, ovvero
    • adottare pratiche che inibiscono od ostacolano l’utilizzo di diverso fornitore per il medesimo servizio, anche attraverso l’applicazione di condizioni unilaterali o costi aggiuntivi non previsti dagli accordi contrattuali o dalle licenze in essere;
  • le azioni civili per abuso di dipendenza economica devono essere proposte di fronte alle sezioni specializzate in materia di impresa.

Per facilitare l’applicazione delle nuove previsioni, anche al fine di prevenire il contenzioso e favorire buone pratiche di mercato in materia di concorrenza e libero esercizio dell’attività economica, la Presidenza del Consiglio dei ministri, d’intesa con il Ministero della giustizia e sentita l’AGCM, potrà adottare apposite linee guida in coerenza con i princìpi della normativa europea[18].


[1] La Legge introduce una serie di importanti novità anche in altri settori (ad esempio in materia di concessioni, sanità, ecc.), che non sono oggetto di questa Newsletter.

[2] AGCM, segnalazione ai sensi degli artt. 21 e 22 della legge n. 287/1990, S4143, del 23 marzo 2001 (la “Segnalazione”).

[3] Altri paesi europei (Germania, Norvegia, Svezia, Lituania) hanno già adottato delle regole che consentono all’autorità nazionale di concorrenza di richiedere la notifica di operazioni di concentrazione sotto soglia (cfr. Segnalazione, p. 91). A questi paesi si è aggiunta recentemente l’Irlanda.

[4] Comunicazione della Commissione europea del 26 marzo 2021, Orientamenti della Commissione sull’applicazione del meccanismo di rinvio di cui all’articolo 22 del regolamento sulle concentrazioni per determinate categorie di casi, G.U.U.E. 2021/C 113/01.

[5] Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio del 20 gennaio 2004 relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, G.U.U.E. 2004/L 24/01 (“Regolamento UE sulle concentrazioni”).

[6] La decisione della Commissione UE di accettare il rinvio della concentrazione è stata recentemente confermata dal Tribunale UE (causa T-227/21, Illumina c. Commissione, sentenza del 13 luglio 2022, ECLI:EU:T:2022:447).

[7] Regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio del 21 dicembre 1989 relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese, G.U.U.E. 1989/L 395/01.

[8] Un’impresa detiene una posizione dominante quando è in grado di ostacolare la persistenza di una concorrenza effettiva sul mercato in questione e può comportarsi in modo significativamente indipendente dai concorrenti, dai fornitori, dai clienti e dai consumatori (cfr. sentenza della Corte di Giustizia nella causa 27/76, United Brands Continentaal B.V. c. Commissione, [1978] ECR 207). Ciò avviene, in genere, quando l’impresa detiene quote elevate – tipicamente superiori al 40% – in un determinato mercato e i concorrenti attuali e/o potenziali non costituiscono un’efficace forza disciplinante il suo contegno.

[9] Cfr. Proposte di riforma concorrenziale ai fini della Legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2013, AS988; e  report conclusivo dell’Indagine conoscitiva dell’AGCM, dell’AGCOM e del Garante Privacy del 10 febbraio 2020, Indagine Conoscitiva sui Big Data, accessibile all’indirizzo internet https://www.agcm.it/media/comunicati-stampa/2020/2/Big-Data-pubblicata-indagine-Agcom-Agcm-e-Garante-privacy, Linee guida e raccomandazioni di policy, raccomandazione n. 8 a p. 119.

[10] Il novellato art. 6, comma 1, sancisce infatti il principio per cui le concentrazioni che “ostacolino in modo significativo la concorrenza effettiva nel mercato nazionale o in una sua parte rilevante, in particolare a causa della creazione o del rafforzamento di una posizione dominante”, possano essere vietate o condizionate all’implementazione di misure strutturali o comportamentali. Ciò, “in ragione della necessità di preservare e sviluppare la concorrenza effettiva tenendo conto della struttura di tutti i mercati interessati e della concorrenza attuale o potenziale”, nonché di altri fattori in buona parte già delineati dal precedente dettato dell’articolo in esame.

[11] Alla stregua del test di cui al Regolamento UE sulle concentrazioni, il nuovo SIEC test rappresenta un compromesso tra il test utilizzato nel sistema statunitense (i.e., il test del significant lessening of competition (SLC) o della significativa riduzione della concorrenza) e il test di dominanza.

[12] Segnalazione, pagina 89.

[13] Quanto alla prassi valutativa della Commissione UE in merito alle efficienze generate da una concentrazione, si vedano le Comunicazioni della Commissione UE, rispettivamente del 5 febbraio 2004 e del 18 ottobre 2008, recanti gli Orientamenti relativi alla valutazione delle concentrazioni orizzontali a norma del regolamento del Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (G.U.U.E 2004/C 031/5) e gli Orientamenti relativi alla valutazione delle concentrazioni non orizzontali a norma del regolamento del Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (G.U.U.E 2008/C 265/6).

[14] Ossia quella del Regolamento UE sulle concentrazioni. Prima di questa modifica, la normativa nazionale in materia di joint venture era allineata al precedente Regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio del 21 dicembre 1989 relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (G.U.U.E. 1989/L 395/01) che distingueva tra imprese comuni di natura concentrativa, soggette alla disciplina sulle concentrazioni, e le imprese comuni di natura cooperativa, soggette alla disciplina sulle intese.

[15] Comunicazione della Commissione concernente la transazione nei procedimenti per l’adozione di decisioni a norma dell’articolo 7 e dell’articolo 23 del Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio nei casi di cartelliG.U.U.E. 2008/C 167/01.

[16] È dubbio se il riferimento ai “cartelli” sia una svista terminologica ovvero sia volontariamente finalizzato ad escludere l’accesso ai documenti a fascicolo nei casi di abuso di posizione dominante.

[17] La novella legislativa si applica a decorrere dal 31 ottobre 2022.

[18] Articolo 33, comma 3, della Legge.


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