1. Il Trattato sulla Carta dell’Energia (“ECT”)
Istituito negli anni ‘90, il Trattato sulla Carta dell’Energia (“ECT” o “Trattato”) fornisce un quadro multilaterale per la cooperazione energetica, offrendo protezioni agli investimenti e prevedendo il ricorso all’arbitrato internazionale in caso di violazioni delle obbligazioni di protezione degli investimenti.
Sin dal 2017 gli Stati contraenti sono impegnati in negoziati per aggiornare il testo del Trattato in linea con gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi.
In tale contesto, un accordo di principio è stato raggiunto nel giugno 2022, grazie a proposte avanzate dall’UE per allineare l’ECT alla sua agenda sul Green Deal Europeo.
Il processo ha subito ritardi a causa di disaccordi tra gli Stati membri dell’UE sul proseguimento della modernizzazione o sul recesso dal Trattato. La situazione di stallo è stata superata quando, all’inizio del 2024, la Commissione europea ha esortato gli Stati membri dell’UE a non bloccare la riforma dell’ECT[1], successivamente votata dal Consiglio dell’UE il 30 maggio 2024[2].
Il 3 dicembre 2024, dopo ben quindici tornate negoziali, la Conferenza della Carta dell’Energia ha approvato ufficialmente la versione “modernizzata” dell’ETC, segnando la conclusione di un processo di riforma pluriennale[3].
La nuova versione dell’ETC mira a rafforzare l’impegno verso la transizione energetica e l’azione climatica, ampliando le protezioni a tecnologie essenziali e riaffermando il diritto degli Stati contraenti di regolamentare in ambiti quali la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici.
Gli Stati contraenti hanno inoltre riaffermato i loro impegni nell’ambito della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (“UNFCCC”) e dell’Accordo di Parigi del 2015.
2. Le principali modifiche apportate
Il testo modernizzato dell’ECT include significative revisioni di parti sostanziali del Trattato incidendo, inter alia, su una ridefinizione degli ambiti applicativi, nonché sulla protezione degli investimenti e relativi meccanismi di risoluzione delle controversie[1].
Di seguito alcune tra le principali modifiche apportate:
- La definizione di “Attività economica nel settore energetico” – i.e., le attività commerciali e fondi di energia coperti dal Trattato – è stata estesa per includere nuove tecnologie, come ad esempio la cattura e lo stoccaggio del carbonio. Allo stesso tempo l’elenco viene significativamente ristretto, scomparendo ogni riferimento alle attività legate all’esplorazione ed estrazione di alcuni combustibili fossili;
- Analogamente, la definizione di “Materiali e prodotti energetici” è stata aggiornata mediante l’esclusione di alcuni combustibili fossili[2], e l’introduzione di idrogeno e carburanti sintetici specifici;
- Investimenti: per essere coperto dal Trattato, un investimento deve essere effettuato o acquisito in conformità con le leggi applicabili dello Stato ospitante contraente e possedere caratteristiche specifiche come l’impegno di capitale, l’aspettativa di profitto, una certa durata e l’assunzione di rischi;
- Investimenti nei combustibili fossili: gli investimenti effettuati nell’UE e nei suoi Stati membri prima del 3 settembre 2025 saranno gradualmente esclusi dalla protezione del Trattato per determinati materiali energetici e attività[3], a partire da dieci anni dopo l’entrata in vigore delle modifiche approvate il 3 dicembre 2024, e comunque non oltre il 31 dicembre 2040;
- Trattamento Giusto e Equo (clausola “FET”): per aumentare la certezza giuridica, la clausola specifica ora una lista di misure che costituiscono violazioni dello standard di fair and equitable treatment, inclusa la violazione delle aspettative legittime degli investitori e le circostanze in cui queste aspettative sono considerate rilevanti a tal fine[4];
- Espropriazione Diretta e Indiretta: la nuova disposizione (a) chiarisce il concetto di “Espropriazione Diretta” e, (b) introduce una definizione di “Espropriazione Indiretta”, insieme a un elenco di fattori che devono essere considerati per determinare l’esistenza di un’espropriazione indiretta nel caso specifico. Estremamente rilevante è la specifica esclusione delle misure non discriminatorie adottate per proteggere obiettivi politici legittimi, come la salute pubblica, la sicurezza e l’ambiente, anche in relazione a mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, che non possono costituire un’espropriazione indiretta[5];
- Diritto di regolamentare: è introdotto un nuovo articolo autonomo che riafferma il diritto degli Stati contraenti di regolamentare nel proprio territorio per legittimi obiettivi di politica pubblica, come la protezione dell’ambiente, nonché di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, la salute pubblica, la sicurezza e la moralità pubblica[6];
- Sviluppo sostenibile: le nuove disposizioni chiariscono e rafforzano i requisiti di valutazione dell’impatto ambientale dei progetti di investimento energetico, in conformità con le leggi e i regolamenti degli Stati contraenti, garantendo un livello più elevato di protezione ambientale e una più ampia partecipazione pubblica. Gli Stati contraenti hanno riaffermato il loro impegno verso la transizione energetica pulita, la promozione di tecnologie a basse emissioni di carbonio nel commercio e negli investimenti energetici e la cooperazione nell’attuazione di politiche legate ai cambiamenti climatici, ove appropriato.
Con specifico riferimento al meccanismo di risoluzione delle controversie, rileviamo le seguenti modifiche:
- Trasparenza: è prevista una maggiore trasparenza nei procedimenti tra Stati contraenti, garantendo che i documenti procedurali siano pubblicamente disponibili e che le udienze possano essere accessibili al pubblico. Le Regole UNCITRAL sulla Trasparenza nell’Arbitrato Stato-Investitore (“ISDS”) basato su trattati del 1 aprile 2014 si applicheranno ai procedimenti arbitrali tra investitori e Stati contraenti, con ulteriori integrazioni previste dal Trattato;
- Controversie temerarie: per migliorare l’efficienza dei procedimenti arbitrali e ridurre i costi del contenzioso, sono previsti meccanismi per respingere (i) i reclami manifestamente privi di fondamento legale o giurisdizionale all’inizio del procedimento e (ii) i reclami infondati dal punto di vista giuridico nel merito. Una disposizione specifica riguarda il respingimento di reclami derivanti dalla ristrutturazione degli investimenti a fini strumentali[7];
- Third-Party Funding: la nuova disposizione imporrà a entrambe le parti della controversia di divulgare informazioni su un terzo che finanzia le spese del procedimento arbitrale;
- Cauzione: viene introdotta una nuova disposizione consentendo a una Parte contraente di richiedere che il ricorrente presti garanzie per le spese in determinati casi, come quando vi è il rischio che non onori una decisione sfavorevole sulle spese[8]:
- Dispute intra-UE: esclusione dell’arbitrato tra Stati membri UE in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE[9];
- Controversie in tema di sviluppo sostenibile: Un meccanismo di risoluzione delle controversie dedicato sarà applicabile alle controversie tra Stati contraenti riguardanti l’interpretazione e l’applicazione delle nuove disposizioni sullo sviluppo sostenibile. Tale meccanismo includerà la possibilità di riferire la questione a un conciliatore[10].
3. L’entrata in vigore e sunset clause
Le modifiche al Trattato entreranno in vigore in via provvisoria a partire dal 3 settembre 2025, salvo dichiarazioni contrarie da parte degli Stati contraenti. La ratifica formale richiederà, tuttavia, l’approvazione di almeno tre quarti degli Stati firmatari.
Il processo di modernizzazione del Trattato si inserisce in un contesto segnato da numerosi abbandoni del Trattato da parte degli Stati contraenti negli ultimi anni, tra cui diversi Stati membri dell’UE (compresa l’Italia), nonché l’UE stessa e l’Euratom. Anche il Regno Unito ha recentemente notificato la propria uscita dal Trattato.
L’Italia ha denunciato il Trattato già nel 2016.
Tuttavia, in virtù della cosiddetta “sunset clause” prevista dall’Art. 47 dell’ETC, che prevede una “sopravvivenza” del Trattato, e la protezione degli investimenti, per i venti anni successivi all’abbandono da parte di un contraente, si può sostenere che l’Italia debba restare comunque obbligata a garantire la protezione degli investimenti effettuati prima di tale data fino al 1 gennaio 2036.
In qualità di Stato che ha formalmente abbandonato l’ECT, l’Italia non è più parte contraente del Trattato e, pertanto, non può partecipare alla sua interpretazione e revisione. L’ECT non specifica esplicitamente quale versione del Trattato – quella “vecchia” o quella “modernizzata” – continuerà ad applicarsi a uno Stato recedente nel contesto della sunset clause.
Nonostante queste defezioni, l’ECT continua a rivestire un’importanza significativa, in particolare per gli investitori provenienti da Stati non appartenenti all’UE, tra cui Azerbaigian, Giappone, Kazakistan, Turchia e Ucraina.
4. Conclusione
La modernizzazione del Trattato rappresenta un passo significativo, anche se persistono interrogativi sul futuro delle sue disposizioni, in particolare la clausola di “sopravvivenza” del Trattato. La sua applicazione continuerà a suscitare discussioni legali e arbitrali, soprattutto nel contesto della transizione energetica e della sicurezza degli investimenti energetici.